Intercettazioni, stop alla riforma. Bonafede: «Il provvedimento verrà bloccato»

Intercettazioni, stop alla riforma. Bonafede: «Il provvedimento verrà bloccato»
di Valentina Errante
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Sabato 23 Giugno 2018, 07:35 - Ultimo aggiornamento: 24 Giugno, 20:47
Probabilmente sarà un decreto a posticipare, magari di dieci mesi, il decreto sulle intercettazioni, bloccandone, di fatto, l'entrata in vigore. Che la riforma Orlando, finalizzata a regolare gli ascolti, le modalità di indagine e la diffusione della conversazioni non sarebbe diventata legge, il 12 luglio, si era in qualche modo già capito, ma il ministro della Giustizia grillino, Alfonso Bonafede, lo ha ufficialmente annunciato ieri alla sua prima uscita pubblica davanti a una platea di toghe. Non sarà mai legge. Del resto, dall'opposizione, nella precedente legislatura, era stato lo stesso Bonafede a tuonare contro il provvedimento che avevano definito «un bavaglio» e ora il neoministro non ha intenzione di diventare il padre di una riforma che non è sua e scontenta sia i magistrati che gli avvocati. Ma al convegno organizzato dal Csm Bonafede non esclude neppure che possa essere fatto un passo indietro sulla riforma della geografia giudiziaria, riaprendo piccoli tribunali che erano stati chiusi: «Il contratto non dice che saranno ripristinati - spiega - ma ci sono luoghi ad alta criminalità, in cui il presidio di legalità ha un'importanza particolare. Faremo un'analisi più dettagliata sulle singole situazioni eccezionali». Applausi.

LE MODIFICHE
Di costi, finora, non si era mai parlato e invece, adesso, il ministro punta il dito anche contro l'impegno economico che la riforma ha comportato. Bonafede annuncia per la prossima settimana la prima riunione del gruppo di lavoro: «Dovrà verificare quanti soldi finora siano stati spesi e cosa si possa salvare - dice - avvierò un confronto con tutti gli addetti ai lavori, voglio vedere come procedere. Avrò l'arduo compito di cercare di massimizzare l'utilità di ciò che è stato speso». Il governo potrebbe estendere l'uso dei trojan, consentiti dalla riforma Orlando solo per le indagini di mafia e terrorismo, anche all'associazione a delinquere semplice, seguendo l'indicazione della Cassazione. Ma soprattutto, mantenendo il rispetto della privacy, potrebbe eliminare la distinzione tra le conversazioni rilevanti per l'indagine e quelle inutili, valutate per il decreto adesso bloccato dalla polizia giudiziaria e destinate a un archivio segreto. Tutto è da stabilire. La riforma comunque non piaceva alle toghe: il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, si era rivolto con una lunga lettera alle commissioni Giustizia di Camera e Senato per segnalare la necessità di modifiche. Tra queste proprio quelle relative alla selezione iniziale delle conversazioni. Un punto che non gradito neppure agli avvocati, che non avrebbero più avuto copia del file audio ma sarebbero stati costretti ad ascoltarli in modalità protetta negli uffici delle procure.
 
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