Il nuovo Italicum/La posta in gioco sulla legge elettorale

di Massimo Teodori
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Mercoledì 5 Ottobre 2016, 00:13
Come mai sulla legge elettorale si sta scatenando una grande agitazione, e qual è l’effetto del sistema di voto sulla politica nazionale? La scelta della modalità di elezione dei parlamentari che danno vita al governo configura il potere e fa la differenza negli interessi rappresentati. Certo, le leggi elettorali non sostituiscono la politica, i programmi e le classi dirigenti, ma contribuiscono a far funzionare più o meno bene il Paese con un effetto a breve più importante delle regole costituzionali.

È probabile che il cosiddetto Italicum, approvato dal Parlamento ma mai sperimentato, sia modificato in relazione al referendum del 4 dicembre. Il pregio del sistema ora messo in discussione sta nel fatto che il principale partito ottiene al primo o al secondo turno la maggioranza assoluta dei deputati in modo da poter formare un governo con larga base parlamentare; il suo difetto è di eleggere circa due terzi dei deputati su designazione dei partiti di maggioranza e di minoranza, e di sceglierne solo 250 circa su 630 con il voto di preferenza degli elettori. 
Alcune forze politiche hanno annunciato sistemi elettorali alternativi: la minoranza Pd è a favore del turno unico con capilista bloccati e senza ballottaggio; i centristi vogliono il premio di maggioranza alla coalizione piuttosto che al partito; e i cinque stelle insieme a Sel sono per un proporzionale tipo prima repubblica.

Anche Renzi sembra proporre una modifica dell’Italicum al fine di favorire il “Sì” alla riforma costituzionale con cui il sistema elettorale si combina nell’eventualità di una sola Camera che dà la fiducia al governo. 
In materia elettorale non esiste l’optimum: ogni formula per trasformare i voti in seggi parlamentari tende a esaltare un obiettivo nell’ampia gamma di possibilità che va dal massimo di governabilità al massimo di rappresentatività. Non sarebbe però conforme ai principi di una democrazia liberale un sistema elettorale che fosse ritagliato secondo la convenienza di chi in un determinato momento è al potere. 

Dalla nascita della Repubblica si sono avute in Italia leggi che hanno funzionato secondo diversi criteri. La proporzionale adottata nel 1946 era un sistema che tutelava il pluralismo partitico quando ancora non si conosceva chi avrebbe avuto la maggioranza. Nel 1953 la cosiddetta “legge truffa” - una sacrosanta legge per niente truffa che garantiva il 65% dei seggi alla coalizione di partiti che superava il 50% dei voti - era volta a stabilizzare la coalizione degasperiana tra cattolici liberali e democratici laici che assicurò lo sviluppo economico e civile dell’Italia del dopoguerra. 

La “legge Mattarella” (Mattarellum), introdotta in seguito a referendum nel 1993 con i tre quarti dei seggi attribuiti in collegi uninominali e un quarto con il sistema proporzionale, ha avuto il pregio di favorire per tre legislature (dal 1994 al 2001) l’alternanza tra centrodestra e centrosinistra. La “legge Calderoli” (Porcellum) del 2005 era un sistema ibrido proporzionale con premio di maggioranza e senza preferenze, in seguito dichiarato per alcuni aspetti incostituzionale.

Qual è il sistema che, oggi, meglio serve all’Italia? A noi pare che le forze politiche che guardano all’interesse nazionale dovrebbero perseguire alcuni obiettivi: assicurare un governo stabile con solida base parlamentare non in preda ai sussulti di partitini e transfughi, cosa possibile con il premio di maggioranza; dare rappresentanza anche alle forze minori che esprimono idee e interessi non maggioritari; far scegliere ai cittadini i loro rappresentanti senza delegarne la selezione ai gruppi dirigenti dei partiti, obiettivo da perseguire con le preferenze o, meglio, con il collegio uninominale che avvicina l’elettore all’eletto. 

Molti sono i sistemi in grado di garantire gli obiettivi indicati. Ad esempio: a) un sistema uninominale a un turno o a doppio turno, con o senza una piccola quota proporzionale; b) un sistema proporzionale distribuito in collegi piccoli (4-8 candidati) in cui si possa dare la preferenza anche in combinazione con un piccolo premio di maggioranza su scala nazionale; c) un sistema alla tedesca con metà dei seggi eletti in collegi uninominali, e l’altra metà compensata in maniera proporzionale con uno sbarramento al 5%.
La buona fantasia elettorale non ha limiti. Purché non travolga l’ottica generale con incomprensibili barocchismi, e l’elettore possa votare con semplicità per il suo candidato.
 
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