La svolta di Terni: delusa dagli eredi Pci si affida al Carroccio

La svolta di Terni: delusa dagli eredi Pci si affida al Carroccio
di Mario Ajello
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Lunedì 25 Giugno 2018, 07:59
dal nostro inviato
TERNI Ci sono le polveri dell'acciaieria e le macerie della sinistra. «Qui dentro vedevamo il sol dell'avvenire», racconta un anziano ex operaio, passeggiando davanti agli stabilimenti della Thyssen Krupp. Che un tempo fu la mitica Ast - Acciaierie Speciali Terni, cuore delle lotte, scuola di coscienza sociale, fabbrica, soviet ed emancipazione - e adesso lì dentro e qui fuori nel resto della città regna quella delusione e quella paura («Il lavoro? E' andato in polvere pure lui», sostituito da insicurezza e immigrazione) che hanno scelto come colore il verde leghista. A nulla sono serviti i questi cartelli, incollati sulle pareti del Corso Vecchio, con su scritto: «Terni is not Padania». E' sparito il rosso, che è stato la tinta politica di questa città. Nelle tasche di molti c'è la tessera del Cgil ma nella testa dei più c'è stata la voglia, sofferta ma convinta, di chiudere finalmente con il 900, di dare una lezione al Pd, sordo e distante, di provare il nuovo. E così, la Lega ha il sindaco, Leonardo Latini, l'opposto del barbaro sognante, un moderato («Qui ad aver vinto è la fine ideologie»), e a sinistra non è rimasta neppure la lingua per leccare le proprie ferite.

CIPPUTI
Nel bar storico Pazzaglia, ecco l'ex sindaco dem, il classico catto-comunista, Leopoldo Di Girolamo, arrestato (storie di appalti e cooperative, e qui le coop hanno sempre dominato su tutto) e poi commissariato, il quale continua a dolersi: «Non ho fatto niente di male». E la Lega, dallo zero virgola di 5 anni fa al 25 per cento di adesso, è come se fosse il vecchio Pci, che Terni la coccolava e ne sentiva il battito cardiaco fatto di solidarismo e di orgoglio da lavoro. «La sinistra s'è scollegata dal cuore e dall'anima di questa città, si è chiusa nelle sue logiche di potere che pensavano fossero eterne, e noi ci siamo sintonizzati sul ritmo e sui bisogni di questo popolo bellissimo»: così dice Stefano Candiani. E' fedelissimo di Salvini, sottosegretario all'Interno, e molto suo - da segretario e da commissario locale del Carroccio - è il merito del successo in questo ombelico dell'Umbria assai segnato dalla sua fabbrica, dal mito dell'industrializzazione, dalla siderurgia che non c'è quasi più. E in questo panorama disseminato di archeologia industriale le ruggini della sinistra fanno perfettamente parte dell'ambiente. E quel che resta di Cipputi, l'operaio sinistrese in tuta blu delle vignette di Sergio Staino, vota per Salvini. Che a Terni ha messo le tende.

«Nel 2020 - assicura Candiani - vinceremo anche le regionali». E ci sarà il primo governatore umbro targato Lega. Che potrebbe essere una donna: la senatrice di Terni-Narni, Donatella Tesei, sindaca di Montefalco, la cittadina del Sagrantino. «In questa regione - così osserva la Tesei - è cambiato tutto. Le ideologie del passato sono archiviate. Il voto dice che ora le differenze le fanno le persone chiamate a rappresentare il territorio e le idee concrete in grado di rimettere in moto lo sviluppo economico e di garantire la sicurezza». In verità, la bomba immigratoria sembra più una percezione, da queste parti, che una realtà. Ma le percezioni, come si sa, vanno rispettate. Il lavoro che non c'è, e che la sinistra tutta diritti civili e poco diritti sociali non ha saputo difendere o reinventare (alle acciaierie lavoravano in 15.000 e ora gli operai sono appena 2000), è quello che infligge a Terni un tasso di disoccupazione superiore alla media nazionale e quella giovanile è oltre il 40 per cento. Stupirsi che la sinistra abbia perso la sua roccaforte? Suvvia. Terni si sente una città tradita, jobs act e riforma Fornero hanno disamorato tutti. E nel festeggiare in piazza Ridolfi, in piazza della Repubblica, lungo il Corso Tacito, il trionfo del sindaco leghista, si avverte nelle persone una sorta di pudore. Perché l'affetto verso il proprio passato pesa. Non fino all'autolesionismo però.

IDEOLOGIE
Ecco, non è stato un voto ideologico questo di Terni. «E' stata umiliata - spiega Candiani - questa città e trascurata. Aveva voglia di normalità, e noi gliela abbiamo proposta», spiega Candiani. E così, battuta la sinistra e battuti i 5 stelle, comanda la Lega dove Massimo D'Alema, qui vicino, fa il suo vino pregiato; dove Roberto Benigni ha fondato i suoi sutios per girare Pinocchio e alcune scene da Oscar di La vita è bella; dove il patrono è San Valentino, e chissà come sta vivendo l'amore politico sbocciato sotto le sue statue; e dove c'è una vita civilissima e una comunità che non ha tradito i valori di sempre («Il razzismo non ci appartiene», assicurano tutti) ma li vuole vedere rappresentati in un altro modo e da un'altra politica. «C'è stata la rottura di un blocco di potere - spiega il leghista moderato, il neo-sindaco Latini - che ha liberato risorge e energie». E Terni, che ha un disperato bisogno di protezione, non potrà sopportare nuove delusioni.
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