Tregua con Tria, ora la Lega punta su Ferrovie E nel mirino entra anche l'Eni

Tregua con Tria, ora la Lega punta su Ferrovie E nel mirino entra anche l'Eni
di Marco Conti
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Sabato 21 Luglio 2018, 09:33 - Ultimo aggiornamento: 17:04

Chiusa una partita, quella della Cassa depositi e prestiti, molte altre ne rimangono aperte. «Piatto ricco, mi ci ficco» verrebbe da dire ricordando che proprio l'arrivo di una valanga di nomine in società pubbliche e partecipate fu uno dei motivi che spinse a comporre l'attuale governo. Ieri nel vertice di Palazzo Chigi non si è parlato d'altro che di Cdp e di come ripartire le deleghe, ma la fumata bianca di ieri è importante perché sblocca altre rilevanti partite proprio perché è stato individuato un metodo e messo a punto un bilancino perfetto che manovrano i plenipotenziari dei due partiti. ovvero Giancarlo Giorgetti per la Lega e Stefano Buffagni per il Movimento Cinquestelle.

IL TENTATIVO
La prima pedina che dovrebbe andare a dama è quella delle Ferrovie anche se l'attuale numero uno, Renato Mazzoncini (è stato riconfermato per tre anni dal governo Gentiloni) non intende mollare sua sponte. Nel risiko governativo quella poltrona è in quota Lega anche perchè il Carroccio intende smontare la fusione di FS con Anas pur sapendo che non sarà indolore. L'arrivo alla FS di Giuseppe Bonomi, ex ad di Sea e presidente di Alitalia, non è però scontato e circolano molti altri nomi. A cominciare da quello di Maurizio Manfellotto, ad di HitachiRail, e di Massimo Sarmi, ex di Poste italiane.

Ma se le FS rientrano nel pacchetto Cdp, le nomine in Rai viaggiano per conto proprio. Anche stavolta tocca al Mef proporre i due nomi per il cda al governo, ma la partita è complicata dall'intenzione dei due soci di maggioranza di definire, prima delle nomina dell'amministratore delegato e del presidente, anche gli organigrammi interni. A Saxa Rubra direttori e vicedirettori di testata e di reti sono da tempo in fermento e i tentativi di riposizionamento avviati da tempo. Ma se il puzzle interno è più o meno facile grazie al mai dismesso manuale Cencelli, più complicato trovare l'ad. La caccia è in corso e affidata ad una società esterna, ma il problema è lo stipendio visto che il M5S nega che il governo intenda levare il tetto dei 240 mila euro. Al momento - svanita l'idea di chiamare costosissimi supermanager, i nomi su cui si ragiona sono quelli di Fabrizio Salini (ex La7), Andrea Castellari (Viacom), Andrea Cardamone, (ad Widiba) e Gianpaolo Tagliavia (Rai), ma il problema del compenso potrebbe favorire il candidate interna. Regge invece il nome della Bianchi Clerici (Lega) come presidente, anche se dovrà passare il vaglio della Commissione di Vigilanza.

L'ATTESA
Da cambiare anche i vertici del Gestore Servizi Energetici, società da 15 miliari l'anno che il M5S vorrebbero affidare a Alberto Biancardi e la Lega a Giuseppe Nucci. Così come in scadenza le poltrone di Sogei, Invimit ed Eur spa. Tutte società con corposi e costosi amministratori che sembrano sopravvivere anche al governo del cambiamento.

Scadenze anche nelle authority. A novembre termina il mandato anche il collegio dell'Antitrust, ma forse si dovrà accelerare visto che ad ottobre il presidente Giovanni Pitruzzella lascerà per andare alla Corte di Giustizia europea. In continua prorogatio sono invece i vertici dell'authority per l'Energia.

Proprio perché si ragiona sul complessivo puzzle entrano nella riffa anche i vertici che scadono nel 2019. Anche in questo caso le poltrone, da Fincantieri a Snam e Italgas, sono molto appetite e nell'attesa dei nomi si mettono le bandierine con i colori dei partiti. Un'attenzione particolare è rivolta a Leonardo e ai problemi giudiziari di Alessandro Profumo. Così come nel mirino del M5S è Fabrizio Pagani al quale sono state già chieste le dimissioni. Pagani, già al Mef con Padoan, è l'attuale rappresentate del Tesoro nel cda dell'Eni. Dimissione chieste anche al presidente dell'Inps Tito Boeri che però è un osso duro, come ben sa anche Matteo Renzi.

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