Rivolta FI, stop alla Lega: «Il Senato tocca a noi»

Rivolta FI, stop alla Lega: «Il Senato tocca a noi»
di Marco Conti
4 Minuti di Lettura
Sabato 17 Marzo 2018, 08:08 - Ultimo aggiornamento: 15:02

«Rischiamo di sparire. Se la Lega ha la presidenza di una delle due Camere, la guida della coalizione e il candidato premier, possiamo anche sciogliere Forza Italia». E' una pentola a pressione il partito di Silvio Berlusconi. Il sorpasso della Lega non è stato ancora digerito e Matteo Salvini sino a qualche giorno fa ha infierito sugli sconfitti. Entrare nel ruolo di guida del centrodestra non è facile per uno come il leader della Lega, ma i segnali non mancano. A cominciare dalla mancata reazione del segretario del Carroccio alle bordate di Renato Brunetta, capogruppo di FI in attesa di definitiva conferma. Sarà anche per questo motivo che ieri l'ex ministro della Funzione Pubblica ha dato voce al malcontento di deputati e senatori che alla candidatura di Paolo Romani a palazzo Madama non intendono rinunciare.

LA FIDUCIA
Romani si è però ben guardato dall'attaccare il leader della Lega. Anzi, memore dei voti lumbard che lo hanno aiutato ad essere nuovamente rieletto, continua a mantenere un profilo basso cercando di offrire rassicurazioni all'alleato senza perdere i contatti con il Pd. Berlusconi continua a lasciare Salvini libero di lavorare a nome di tutta la coalizione come suggerito da Niccolò Ghedini e Licia Ronzulli. Una linea che ha creato ulteriori tensioni tra gli eletti e la coppia di consiglieri del Cavaliere, che però non sarebbe una dele
ga in bianco, ma la «giusta fiducia» in attesa che Salvini chiuda un'intesa con Pd e M5S che non danneggi FI.
Berlusconi continua ad essere convinto che il centrodestra potrebbe fare piatto prendendo la presidenza del Senato (Romani) al momento del ballottaggio, e quella di Montecitorio (Giorgetti) d'intesa con il Pd. Salvini però continua a resistere e resta convinto che tagliare fuori i 5S significa escluderli di fatto da ogni ipotesi di governo di tregua. Accontentare l'alleato con il Senato (Romani), e al tempo stesso i grillini (Carelli o Fraccaro), significa però che la Lega dovrebbe fare un passo indietro «per il bene della coalizione» come, ai tempi d'oro di FI, ha più volte detto il Cavaliere. Restare fuori dal gioco delle presidenze permetterebbe al leader del Lega di presentarsi al Quirinale blindato come possibile candidato premier o di svolgere comunque un ruolo da regista quando si dovrà comunque comporre un governo e mettere mano ad un programma che preveda anche la riforma della legge elettorale. Anche se la palla è nel centrodestra, Salvini per ora non scopre le carte e continua a muoversi evitando di irritare ulteriormente gli alleati.

«Salvini ha vinto certamente, ma vincere non è stravincere. Collaborare con l'alleato non umiliarlo», sostiene l'azzurro Osvaldo Napoli. Salvini e Di Maio, seppur lentamente e ognuno a suo modo, stanno comprendendo di essere una parte importante del tutto, ma non il tutto, e che il confronto - come ammette il leader pentastellato, sulle presidenze delle Camere «non è facile». Soprattuto non è facile per Di Maio restare leader del M5S senza andare al governo o, forse peggio ancora, consegnando ad altri del suo Movimento la presidenza della Camera. E' per questo che, malgrado le smentite, Maio potrebbe fare alla fine la mossa che Matteo Renzi gli ha suggerito in una delle sue ultime interviste: fare il presidente della Camera in modo da giocarsi, con il presidente del Senato del centrodestra, un eventuale incarico esplorativo.

IL CORSO
Mancano però ancora cinque giorni al voto e mentre il Pd resta alla finestra, convinto di tornare ampiamente in gioco tra qualche giorno, il M5S accompagna la richiesta della presidenza di Montecitorio alla questione dei vitalizi. Tema molto strumentale, visto che comunque ci sarebbe bisogno di una legge per modificarli e quindi di un governo, ma tanto basta sia per spaventare molti azzurri di lungo corso - che proprio questo temono - sia per brandirlo qualora non dovesse finire come auspica anche la capogruppo M5S Giulia Grillo.
Malgrado tutti lo neghino, la questione delle presidenze delle Camere si sta intrecciando con quella del possibile governo.

Salvini non molla i 5S proprio perché non vuole consegnarlo all'opposizione e dargli ulteriori argomenti per sottrarsi al possibile governo di tutti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA