Governo, i due forni di Salvini e il Pd nel tritacarne

Governo, i due forni di Salvini e il Pd nel tritacarne
di Alberto Gentili
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Lunedì 19 Marzo 2018, 08:58 - Ultimo aggiornamento: 11:22
La storia che sta scrivendo il segretario della Lega ha un titolo culinario: “I due forni di Salvini e il Pd nel tritacarne”. Con un’abilità che ha sorpreso perfino Silvio Berlusconi, il capo del Carroccio ha infatti messo in campo una strategia che gli offre due opzioni di governo: con il centrodestra e l’appoggio esterno del Pd, oppure con i Cinquestelle di Luigi Di Maio. Una scelta quest’ultima dirompente per gli assetti interni e internazionali del sistema-Paese.

Nelle sue galoppate televisive e in giro per l’Italia, Salvini ha trascorso la domenica lanciando segnali. Il primo indirizzato al Pd: aiutatemi a tirare su un governo di centrodestra, magari con l’appoggio esterno. Il secondo, dopo che il governatore leghista Roberto Maroni era corso a dichiarare impossibile un esecutivo tra Lega e Cinquestelle, è stato affermare l’esatto contrario: nulla è impossibile, tantomeno un patto populista tra Di Maio e Salvini. Anche perché, ha spiegato il capo del Carroccio, c’è sintonia programmatica su Europa, riforma della legge Fornero sulle pensioni e nuova legge per la scuola. Il reddito di cittadinanza? Si vedrà. “Devo capire”, ha chiosato Salvini.
Insomma, le basi di un accordo di governo ci sono. Oppure così Salvini vuole far credere. Come stanno veramente le cose si capirà venerdì, quando il Parlamento comincerà a votare i presidenti delle Camera e la Lega dovrà scegliere se confermare l’intesa di coalizione votando in Senato il forzista Paolo Romani. Oppure se rompere con Silvio Berlusconi e puntare sparati davvero su un’intesa con i Cinquestelle.

In tutto questo il Pd si ritrova come un vaso di coccio tra grillini e la Lega. Meglio: è finito nel tritacarne. Perché se dice no a un’intesa con Salvini, sarà accusato di non aver evitato un patto populista e sovranista, esplicitamente anti-europeo, tra Lega e Cinquestelle. Se invece dice sì probabilmente si spacca: circola da giorni la voce della nascita di gruppi autonomi a trazione renziana. L’ex segretario dem non ha alcuna intenzione di “suicidarsi” sostenendo Di Maio.

Ma un harakiri suona anche l’appoggio esterno a un governo di centrodestra. A meno che Berlusconi, che lavora alle larghe intese al pari di Sergio Mattarella e di gran parte del “correttone dem” guidato da Gentiloni, Franceschini, Calenda, non  riesca a far passare un candidato premier moderato, come Antonio Tajani o Franco Frattini. Visti però i rapporti di forza e considerate le due opzioni (i due forni, a disposizione di Salvini), la defenestrazione del capo leghista appare in questa fase difficile. Anche perché Salvini (e Di Maio) hanno in mano un’arma potente: le elezioni a stretto giro di posta. In autunno.
 
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