Il voto di novembre/ La Sicilia un laboratorio delle alleanze: incognita M5S

di Marco Gervasoni
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Sabato 12 Agosto 2017, 00:16
Niente come la Sicilia smentisce chi giudica il Sud in ritardo nelle svolte politiche nel Paese. La regione in cui si voterà a novembre è stata infatti sovente un laboratorio di mutamenti che avrebbero poi avuto un corso nazionale. Già al tempo dei Borboni mantenere il suo controllo era indispensabile per assicurarsi quello di tutto il regno, come sapeva Garibaldi che, pure per questo motivo, da lì cominciò la sua impresa. Anche nell’Italia unita la Sicilia costituì la prima preoccupazione della classe dirigente, per ragioni geopolitiche (la collocazione nel Mediterraneo, la vastità territoriale) ed economiche, visto che ancora era, come la definivano gli antichi romani, «granaio d’Italia». 

Non a caso l’isola regalò al Paese tre presidenti del Consiglio - Di Rudinì e soprattutto Francesco Crispi e Vittorio Emanuele Orlando - fondamentali nella storia del nostro Paese. Pure negli anni della Repubblica la Sicilia ha anticipato fenomeni politici poi di rilievo nazionale: per stare ai tempi recenti, la collaborazione tra Pci e Dc nelle prime giunte di Leoluca Orlando a Palermo negli anni Ottanta, un preludio dell’Ulivo, e l’inizio della grande stagione berlusconiana con il successo nelle elezioni del 1994 e poi l’en plein dei collegi in quelle del 2001. 
La stessa giunta Crocetta, eletta cinque anni fa, si presentò come una sorta di incontro tra grillini e Pd, una tentazione che il partito del Nazareno avrebbe inseguito per molto tempo.
C’è di più: la cultura. Le pagine degli scrittori siciliani, da Pirandello a Tomasi di Lampedusa e Sciascia, e dei suoi filosofi, giuristi, scienziati politici e storici (Gaetano Mosca, Vittorio Emanuele Orlando, Giovanni Gentile, Rosario Romeo) costituiscono una delle chiavi - se non la chiave - fondamentale per capire l’identità politica italiana. 

Sbaglierebbe dunque chi volesse ridurre a caso locale quello che si giocherà a novembre. Se proprio non varrà l’adagio secondo il quale chi prende la Sicilia si prende anche l’Italia, possiamo dire che ci andremo vicini. Questo è uno dei fattori che spiegano sia l’attenzione prestata dai leader nazionali alle sorti di Palazzo d’Orléans sia il caos che regna nelle alleanze. A pochi giorni dalla chiusura delle liste, l’unico candidato certo di forze politiche importanti è Giancarlo Cancelleri del M5 stelle, per ora i favoriti, mentre gli altri schieramenti brancolano nel buio - elemento che rende estremamente aleatori i sondaggi. Ancora una volta la Sicilia si conferma all’avanguardia in questo magma, in cui l’unico elemento certo è che il partito di Angelino Alfano è corteggiato da tutti perché considerato capace di far vincere, in Sicilia come nel resto d’Italia. Fin qui, apparentemente, sembra prevalere lo stereotipo della sicilianità come ambiguità, secondo la lezione, tra gli altri, di Sciascia. A farne le spese i programmi, vaghi, se non privi di indicazioni precise, persino nei 5 stelle che di solito rincorrono la retorica della concretezza. 

In questo caso, però, la Sicilia potrebbe contribuire a squarciare il velo dei silenzi. Per due ragioni. Chi vincerà, inevitabilmente si presenterà e verrà percepito come il cavallo favorito nelle elezioni nazionali: il che lo spingerà a sostenere una legge elettorale che lo potrebbe far governare, oltre che a Palazzo d’Orléans, anche a Roma. La seconda ragione è che la scelta di Alfano in Sicilia farà luce anche sugli schieramenti nazionali: se opterà per il Pd, come sembra probabile in queste ore, spingerà il Nazareno verso coalizioni larghe, anche alla sua sinistra. Se invece il Ministro degli esteri tornerà a casa, con Berlusconi, ciò avrà effetti immediati sulla tenuta del governo Gentiloni e porterà ad una rinascita del centro-destra, anche se con l’incognita Salvini, oggi azionista di maggioranza di quel campo. 
Se poi alla Regione dovessero vincere i 5 stelle, entreremo in una landa sconosciuta, e per il momento non proprio tranquillizzante. Siamo forse al crocevia tra conservazione e rinnovamento della classe politica: di che far sorridere il grande siciliano Gaetano Mosca, che quel concetto coniò, anche osservando le vicende della sua terra.
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