Per legge la scuola deve garantire almeno 200 giorni di lezione, per questo motivo le singole regioni al momento di stilare i calendari scolastici stabiliscono un tetto minimo di giorni superiore a 200. La Regione Lazio, ad esempio, ne ha previsti 206 con un calendario pluriennale che va dal 15 settembre all’8 giugno, considerando le feste nazionali come quelle del 1 novembre, 8 dicembre, 25 Aprile, 1 maggio, 2 giugno e Festa del Santo Patrono, oltre alla pausa natalizia dal 23 dicembre al 6 gennaio e a quella pasquale per i 3 giorni precedenti la domenica di Pasqua e il martedì successivo al Lunedì dell’Angelo. Tutto il resto è a discrezione della scuola per arrivare a 200 giorni.
SALTO DEI PROGRAMMI
C’è chi programma rientri pomeridiani (ma sono decisamente pochi gli istituti che ci riescono tanto che a Roma non superano il 10%) e chi, invece, fa spallucce difendendosi poi nei collegi d’istituto con questo comune leitmotiv: «L’importante è finire il programma didattico entro l’anno». Ma anche qui, due volte su tre – e sono soprattutto i maturandi a confermarlo dopo le prove dell’esame di Stato – il programma anche a causa dei pochi giorni, subisce delle accelerazioni (spiegazioni veloci e approssimative su autori e periodi) o delle decurtazioni. Tra le vittime più note c’è la Letteratura italiana nei licei.
NEVE ED ELEZIONI
Quest’anno poi ci sono state le elezioni e la scuola ha perso due giorni, ma prima della tornata elettorale gli istituti hanno dovuto chiudere i battenti anche per l’arrivo della neve che ha fatto perdere altri due giorni di didattica, come avvenuto ad esempio a Roma e in altre regioni. Si tratta delle cosiddette “cause di forza maggiore” ma di fatto i giorni di lezione, con gli studenti in classe, non si sono svolti e dai 206 giorni (previsti nel Lazio ad esempio), il calendario ha dovuto spuntarne 4. Non solo. Ci sono stati gli scioperi autunnali, come quelli del 13 e del 27 ottobre, quelli 10 e del 27 novembre, del 15 dicembre e quelli invernali come accaduto il 23 febbraio e l’8 marzo scorsi. Nelle scuole in cui i docenti hanno aderito ad almeno due di queste proteste il calendario scolastico è sceso al di sotto della quota 200. Senza contare le proteste locali come accaduto a Roma per l’agitazione della Multiservizi che, occupandosi di mensa, pulizia e controllo degli istituti, ha provocato interruzioni della didattica e lezioni a singhiozzo.
L’ONDA LUNGA DEI “PONTI”
A cui su tutte si aggiungono le proteste studentesche delle scuole superiori tra settimane di autogestione o di occupazione. Calendario alla mano, quindi, i conti non tornano. Anche perché, subito dopo la pausa per la Pasqua, arriveranno i ponti del 25 aprile e del 1 maggio. Praticamente la scuola è quasi finita. Che cosa significa? Un taglio delle lezioni concentrato soprattutto nel secondo quadrimestre, potrebbe provocare non pochi problemi alla didattica nella sua continuità e quindi alla preparazione degli studenti. Compreso quel milione di ragazzi circa che a giugno dovranno sostenere il nuovo esame di terza media o la prova di maturità. I ragazzi rischiano quindi di arrivare impreparati, senza aver terminato i programmi. Così come si presenteranno impreparati ai test di ingresso delle facoltà che già in questo periodo stanno selezionando le future matricole con test di orientamento, che aiutano i ragazzi a capire le loro attitudini e possono anche essere ripetuti, come accade al Politecnico di Milano e al politecnico di Bari con il Tai, per l’accesso alla facoltà di ingegneria. Anche alla Sapienza ci sono i test di orientamento per ingegneria e poi ci sono, in tutta Italia, i test del Cisia per facoltà come ingegneria ed economia, ma anche scienze e farmacia. Difficile sottoporsi ad una prova, per testare la propria preparazione, se di fatto non si è preparati semplicemente per mancanza di tempo.
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