B​ulli in cattedra, rifondare la scuola ma stop ideologie

di Marina Valensise
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Lunedì 23 Aprile 2018, 00:00
In una scuola di Lucca alcuni allievi si infilano un casco per prendere a testate il professore che ha dato un brutto voto, l’insultano, cercano di strappargli il registro e gli piazzano due secchi di immondizia sulla cattedra. Invece di interrogarsi sul fallimento della scuola in Italia, sul perché da noi l’istituzione chiave di ogni democrazia che si rispetti è diventata lo zimbello generale, il bersaglio comune di destra e sinistra, Michele Serra, se ne esce con un brillante corsivo su Repubblica per denunciare in 1500 battute la struttura classista della società italiana e la menzogna demagogica del populismo. Invece di prendere due piccioni con una fava, volendo dire “una cosa sgradevole”, Serra - che pure a volte riesce ad essere spassoso - stavolta rischia di scivolare nel cinismo e nella petizione di principio.

Quanto a bullismo e violenza contro i professori, sostiene infatti Serra, la situazione peggiore non è nei licei classici, ma negli istituti tecnici e nelle scuole professionali, e cioè le scuole delle classi subalterne e dei poveri, i quali, imitando la violenza di padri e madri ignoranti e impreparati alla vita, danno addosso ai professori…
Apriti cielo. Con la sua “Amaca” sul bullismo dei poveri e le presunte belle maniere dei ricchi, l’ultimo paladino di Don Milani ha scatenato una sassaiola di insulti. Tanti cari saluti dal mio miglior alunno, figlio di un camionista e di una rumena disoccupata, gli ha risposto un professore spiritoso.

Colpito, ma non affondato dalle accuse di classismo, Serra ieri ha reagito alzando bandiera bianca: «Sono costretto a replicare che non posso replicare». Ma ha continuato a puntare il dito contro il chattismo compulsivo per infilzare l’hater (sic) seriale: «Se uno che indica la differenza di classe come causa della violenza è classista, vuol dire che il paradigma della sinistra è ribaltato», ha spiegato Serra mirando a un altro direttore delle coscienze ben accreditato e altrettanto ideologico… è contro il popolo chi invece ne difende la causa… e via discettando sul lardo di Colonnata e il disastro del junk food, fino ad arrivare al principale capo di imputazione contro i lettori che non capiscono, contro i bulli e contro il dilagare della violenza: in estrema sintesi, siamo un popolo di berlusconiani inebetito dalla tv…

Se questi sono i termini della polemica sul bullismo e la scuola, duole constatare la distanza siderale che ci separa dalla soluzione del problema. Invece di affrontare con coraggio l’emergenza maleducazione, che regna indisturbata nelle scuole esclusive frequentate dai figli di industriali e di ministri, gli ultimi apostoli delle classi subalterne continuano a cincischiare con idee vecchie e polverose. E di fronte a un cosi alto tasso di narcisismo autoreferenziale si capisce dunque come mai sia tanto difficile riflettere, a mente libera, sull’assenza in Italia di una coscienza sociale comune, sulla difficoltà di rispettare le regole, unica garanzia di solidarietà, sulla fragilità di una tradizione democratica che assegna alla scuola la funzione rivoluzionaria di architrave di una società libera e fondata sul merito, dove le classi dirigenti si sentano legittimate perché concorrano a produrre la legittimazione democratica, anziché continuare a succhiare energie, e insistere nel contrapporre il male, soffiando sull’antagonismo tra sfruttatori e classi subalterne e perdendo di vista l’essenziale.

E mentre noi cincischiamo con Marx, Engels e Don Milani, gli Inglesi festeggiano a ’Royal Abert Hall il 92° compleanno della regina Elisabetta con un concerto di pop star come Shaggy e Sting, e Kilie Minogue, in attesa che il principe Harry vada a nozze con un’attrice di fiction tv, figlia di un tecnico delle luci e di una truccatrice di colore. Altro che buono scuola…. Urge ripensare la scuola senza pregiudizi ideologici, e garantire il rispetto delle regole e l’attenzione agli altri come principi cardinali nella formazione dei cittadini di una moderna democrazia.
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