Roma, Luigi Berlinguer sul caso Virgilio: «Quel liceo è ostaggio di una minoranza, sono giovani estremisti aizzati dai genitori»

Roma, Luigi Berlinguer sul caso Virgilio: «Quel liceo è ostaggio di una minoranza, sono giovani estremisti aizzati dai genitori»
di Mario Ajello
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Mercoledì 22 Novembre 2017, 08:45
Onorevole Berlinguer, lei ha passato una vita tra insegnamento e politica, anche come ministro. Come considera la vicenda del Virgilio: un'occupazione o un'esagerazione?
«Ho sempre distinto tra le occupazioni e le autogestioni. Nelle prime è connaturato l'elemento di rottura e di violenza. Nelle autogestioni, viceversa, gli studenti rivendicano uno spazio e un ruolo e ci sono elementi di positività. Perché viene favorito il protagonismo dei ragazzi nel percorso formativo».

E il Virgilio?
«E' una situazione particolare e non generalizzabile alle altre scuole italiane. Al Virgilio, ci sono gruppi minoritari di studenti che si sono presi tutta la scena. Anche in passato gli estremisti di questo tipo al Virgilio ci sono stati, ma la maggior parte degli studenti non li seguivano. Così come non li seguono adesso. Ma ora, quel che colpisce è riscontrare l'estremismo di parte dei ragazzi anche in parte dei genitori».

Sessantottini eterni?
«Questo estremismo dei figli e dei genitori è ambientato nella Roma bene. Non in una zona di estrema povertà. E questo ha un significato diverso rispetto ad altre contestazioni. Al Virgilio c'è chi vuole vivere la scuola come luogo del proprio apprendimento ma non riesce a farlo completamente perché c'è chi ha una posizione di negazionismo preconcetto nei confronti di una normale e fruttuosa vita scolastica».

I genitori della Roma si stanno comportando male, secondo lei?
«Dovrebbero tutti cercare di ragionare e di far ragionare i ragazzi. Senza fomentare lo scontro. Senza aizzare nessuno».

Perché proprio al Virgilio accadono queste cose?
«Io da tempo seguo personalmente le vicende di questa scuola. Negli ultimi anni, il Virgilio ha attraversato un periodo di progressiva affermazione dei buoni principi educativi. Sono state introdotte innovazioni didattiche, come gli open day: cioè l'apertura della scuola al territorio circostante. E questa è una forma di civiltà scolastica molto importante».

Ora però è scoppiato tutto?
«Sì, perché adesso nella direzione di questa scuola c'è un orientamento diverso, che tende a non accettare le riforme disponibili. L'altro giorno c'è stata una discussione tra i docenti che ribadiscono l'importanza degli open day e di altre riforme e l'indirizzo formale dell'istituto che invece sarebbe contrario. Ciò finisce per rinfocolare la posizione degli estremisti».

Vengono descritti come figli di papà che non vogliono studiare. È così?
«Sicuramente sono figli di papà. Ma si tratta di una minoranza prevaricante».

E ideologizzata?
«Sono ragazzi che non gradiscono forme di dialogo e di incontro, che possono produrre soluzioni pacifiche ai problemi della scuola. La dirigenza scolastica deve farsi carico di risolvere questa tensione forte e non di lasciarla degenerare ed esplodere».
 
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