Camere, stop a Romani e Calderoli per spaccare la Lega e Forza Italia

Camere, stop a Romani e Calderoli per spaccare la Lega e Forza Italia
di Alberto Gentili
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Domenica 18 Marzo 2018, 09:25
Dopo le zuffe e i veleni, nel centrodestra scatta una mezza tregua. Nulla di definitivo, la partita è ancora lunga e i nervi molto tesi. Ma Silvio Berlusconi, lette e rilette le rassicurazioni di Matteo Salvini e del pontiere Giancarlo Giorgetti, comincia a sperare che la Lega non intenda rompere il patto di coalizione. Non per ora, almeno. E che dunque al primo giro di giostra, quello che scatterà da venerdì con l'elezione dei presidenti di Camera e Senato, sia disposta a concedere a Forza Italia ciò che chiede: la guida di Palazzo Madama per Paolo Romani. Un nome gradito anche al Pd. E che Luigi Di Maio prova a stoppare per spaccare il fronte avversario.

Giorgetti, in un'intervista al Corsera, ha parlato del centrodestra come di «un gruppo» da tenere unito. Ha detto che la presidenza della Camera può andare, come richiesto da Di Maio, ai 5stelle. E che il timone del Senato è destinato al centrodestra (non alla Lega). Aggiungendo: un governo tra leghisti e grillini sarebbe «l'extrema ratio prima della disperazione». In più Salvini, per rassicurare gli alleati dal pericolo-elezioni, invoca un «esecutivo di dieci anni, non ci cinque mesi».

LA STRATEGIA DI MATTEO
Parole accolte con soddisfazione ad Arcore, dove sono convinti che dietro la nuova disponibilità di Salvini non ci sia un sussulto di generosità. No davvero. Ma una precisa strategia: se rompesse adesso con Forza Italia, a inizio aprile - quando scatteranno le consultazioni di Sergio Mattarella - il segretario leghista sarebbe costretto a salire al Quirinale come candidato premier solo del Carroccio. Se invece non romperà con Berlusconi sulle presidenze delle Camera, sul Colle potrà andare rivendicando il ruolo di pretendente premier dell'intera coalizione arrivata prima alle elezioni. E magari strappare l'appoggio esterno del Pd che ieri è definitivamente sceso dall'Aventino: «Un governo 5stelle-Lega è un pericolo per il Paese. Non ci sottrarremo perciò al confronto», ha dichiarato il reggente Maurizio Martina.

I segnali di tregua di Salvini non rassicurano perciò Berlusconi. Il leader forzista sospetta il capo leghista di continuare a esplorare - e neppure tanto segretamente - l'ipotesi di un esecutivo populista con Di Maio per poi andare sparato alle elezioni. L'obiettivo: dare il colpo di grazia a Forza Italia e diventare il capo indiscusso della destra. Un epilogo che fa venire i brividi al Cavaliere tornato a perorare la causa di un «governo stabile e credibile».
Di Maio, naturalmente, non sta a guardare. Ha annunciato che in queste ore sentirà «tutti i leader». Ha detto di voler scegliere per le Camere «figure di garanzia gradite a tutti». E rivendicando per i 5stelle la presidenza di Montecitorio, ha soprattutto messo una zeppa al presunto appeasement nel centrodestra cercando di stoppare la scalata di Romani a palazzo Madama: «Consideriamo inaccettabili le candidature di chi è stato condannato o sotto processo». Il capogruppo forzista ha una vecchia condanna per peculato.

Una mossa che Berlusconi non farà fatica a sterilizzare. Perché la condanna è antica e lieve: Romani aveva dato il telefono di servizio del Comune di Monza alla figlia. E perché, pur di far saltare «l'inciucio populista», il Pd è prontissimo a sostenere il capogruppo forzista che così ha virtualmente in tasca i numeri per vincere al ballottaggio. In più, secondo l'ottica di Berlusconi e dei dem, l'elezione di Romani avvicinerebbe l'ipotesi di un governo di tregua o di un esecutivo istituzionale: è nella prassi che il capo dello Stato, di fronte a un prolungarsi dell'impasse, affidi l'incarico di formare il governo al presidente del Senato.

C'è chi, però, nella cerchia dei consiglieri di Berlusconi legge nelle mosse di Salvini e Di Maio uno studiato gioco delle parti. Il leader leghista apre a Romani? E il capo grillino lo boccia, aprendo la strada a un lumbard. Chi? Non certo Roberto Calderoli (poco amato da Salvini e sotto processo per insulti razziali alla Kyenge, altro veto di Di Maio), qualcuno lancia Erika Stefani. Il segretario del Carroccio esclude un governo di tutti? E Di Maio, ormai consapevole di non poter ottenere l'appoggio del Pd, anche sul fronte economico lancia segnali ai leghisti.
In più, ad aumentare i sospetti di Berlusconi, arrivano le due stilettate di Salvini a Di Maio. La prima: «Ha detto che mi telefona? Va bene, rispondo a tutti». La seconda: «Vuole il taglio dei vitalizi? L'emergenza vera è il lavoro». Battute ruvide e gratuite in questa fase, soprattutto da parte di chi sembra intenzionato a tenere i grillini dentro alla partita del governo. In particolare se fosse un esecutivo di tutti: troppo comodo per i 5stelle, a giudizio di Salvini, starsene all'opposizione con le elezioni ravvicinate. Meglio, piuttosto, restare fuori entrambi e andare sparati alle urne.

LE SCELTE GRILLINE
Ancora tutto da scrivere poi il capitolo del potenziale presidente della Camera in quota grillina. I nomi più accreditati sono quelli di Riccardo Fraccaro e di Emilio Carelli. Da un paio di giorni però in molti sono pronti a scommettere che quel posto l'abbia prenotato Di Maio. Per assicurarsi, viste le difficoltà di formare un proprio governo, un ruolo di primo piano e una poltrona da cui guidare la regia per la nuova legge elettorale, oltre a confermare la svolta istituzionale dei pentastellati. Anche dall'opposizione, eventualmente. E qui si aggiunge un ulteriore sospetto di Berlusconi: con Di Maio alla Camera, non sarà che Salvini punti alla presidenza del Senato? Lo stop 5stelle a Romani è un indizio a favore.

 
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