Referendum, la fine del bicameralismo

Referendum, la fine del bicameralismo
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Lunedì 28 Novembre 2016, 17:10 - Ultimo aggiornamento: 17:49
Il 4 dicembre gli italiani saranno chiamati a pronunciarsi sul referendum confermativo sulla riforma della Costituzione varata dal Parlamento sulla base del ddl Boschi-Renzi. Il referendum, che non necessita di un quorum per la sua validità, chiama gli elettori ad esprimersi con un sì e con un no su una serie di importanti cambiamenti alla seconda parte della Costituzione. I cui elementi essenziali sono 4: superamento del bicameralismo paritario; riduzione del numero dei senatori e dei costi della politica; revisione della suddivisione dei compiti tra Stato e Regioni; eliminazione del Cnel e delle Province. In particolare, la Camera, che resta formata da 630 membri, sarà la sola a dare la fiducia al governo, mentre il Senato è ridotto a cento membri. Su questi temi Il Messaggero pubblicherà da oggi al 3 dicembre una serie di dossier e inchieste orientati a fare chiarezza sulla non sempre semplice materia sottoposta al giudizio degli elettori.


Camera e Senato
La Camera dei deputati sarà l'unica a votare la fiducia al governo. I deputati restano 630, eletti a suffragio universale. Il Senato continuerà a chiamarsi Senato della Repubblica ma sarà composto da 95 membri eletti dai Consiglii regionali (21 sindaci e 74 consiglieri-senatori), mentre 5 saranno nominati dal presidente della Repubblica.
Quanto alle funzioni, il Senato avrà competenza legislativa piena solo su riforme e leggi costituzionali. Per le leggi ordinarie, potrà chiedere alla Camera di modificarle, ma Montecitorio non sarà tenuto a dar sempre seguito alla richiesta.

I senatori regionali
La legittimazione
È un punto introdotto su richiesta della minoranza Pd. Saranno i cittadini, al momento di eleggere i Consigli regionali, a indicare quali consiglieri diventeranno poi senatori. I Consigli, una volta completato l'insediamento, saranno dunque tenuti a ratificare la scelta degli elettori.
Il doppio incarico
I 95 senatori saranno ripartiti tra le Regioni in base al peso demografico di quest' ultime. I Consigli eleggeranno con metodo proporzionale i senatori tra i propri componenti; uno per Regione dovrà essere un sindaco.

Quirinale e Consulta
Il Capo dello Stato verrà eletto dai 630 deputati e dai 100 senatori. Per i primi tre scrutini occorreranno i due terzi dei componenti. Dal quarto si scende a tre quinti. Dal settimo basterà la maggioranza dei tre quinti dei votanti (oggi il quorum è più basso, maggioranza assoluta degli aventi diritto dalla quarta votazione in poi).
L'elezione dei giudici costituzionali resterà tripartita: 5 verranno nominati dal presidente della Repubblica e 5 dalle magistrature ordinaria e amministrativa come avvenuto fin oggi, gli altri cinque saranno eletti tre dalla Camera e due dal Senato in sedute separate.

Meno federalismo
La riforma mette fine al cosiddetto federalismo all'italiana introdotto dalla riforma del 2001. Vengono infatti restituite allo Stato alcune competenze, come energia, infrastrutture strategiche, sanità e sistema nazionale della protezione civile. Inoltre, su proposta del governo, la Camera «nell' interesse nazionale» potrà approvare leggi anche in campi di competenza delle Regioni.
Per le leggi di iniziativa popolare, le firme necessarie salgono da 50 mila a 150 mila. Però i regolamenti della Camera dovranno indicare anche tempi precisi per l'esame dei provvedimenti.

Province abolite
Nella nuova Carta non c'è più la parola Province. Dopo anni dalla sentenza della Consulta che bocciava una riforma delle Province, il ddl Boschi si adegua. L'anno scorso la legge Delrio ha stabilito di non tenere più le elezioni popolari provinciali.

Consultazioni e quorum
Per i referendum abrogativi viene introdotto un quorum minore se per i quesiti saranno raccolte 800 mila firme anziché le 500 mila previste attualmente: per la validità basterà la partecipazione di metà degli elettori delle elezioni politiche precedenti. 

Scompare il Cnel
Non ci sarà più spazio per il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro che era nato come parlamentino delle categorie sulla base della cultura corporativa degli anni Trenta. Si risparmieranno circa 9 milioni che ancora lo Stato spende annualmente per questo ente (i cui finanziamenti sono già stati molto ridotti negli ultimi anni).

Resta l'immunità
I senatori godranno delle stesse tutele dei deputati. La loro immunità è parziale, ovvero potranno essere arrestati o sottoposti a intercettazione soltanto dopo l'autorizzazione dell'aula del Senato e dunque dopo un voto espresso dai "colleghi".


 
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