Referendum, valanga di No. Renzi si dimette

Renzi Mattarella
di Claudio Marincola e Mario Stanganelli
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Lunedì 5 Dicembre 2016, 06:58 - Ultimo aggiornamento: 13:09

Il 59,11%, al No e il 40,89% al Sì è il risultato a scrutinio avanzato è la risposta degli italiani chiamati a ieri a votare per il referendum sulla riforma costituzionale. Una bocciatura severa che ha spinto Matteo Renzi ad annunciare, in conferenza stampa da Palazzo Chigi, poco dopo la mezzanotte, le sue dimissioni da premier: «Ho perso io, giusto dimettermi». Oggi pomeriggio, dopo una riunione del Consiglio dei ministri, si recherà al Quirinale per rimettere il mandato nelle mani del presidente della Repubblica.

La giornata elettorale è stata caratterizzata da un'affluenza che è andata molto al di là delle previsioni, collocandosi quasi al 69% degli aventi diritto, molto al di sopra del precedente referendum costituzionale del 2006 fermatosi al 53% nonostante si sia votato per due giorni. Una partecipazione che ha gonfiato le vele del composito fronte del No - M5S, Forza Italia, Lega, FdI, Sel e una consistente parte della minoranza Dem - verso una vittoria che è andata forse al di là delle speranze dello stesso schieramento. Sull'altro fronte, praticamente isolato, il solo presidente del Consiglio Matteo Renzi, il cerchio magico dei suoi fedelisssimi e il centrodestra di Alfano.

Il dato della prevalenza del No è uniforme su quasi tutto il territorio nazionale ad eccezione di tre regioni: Trentino, Emilia Romagna e Toscana. Nella prima il Sì ha staccato nettamente l'altro schieramento con il 57,3 contro il 42,7; in Toscana, dove Renzi giocava in casa, a favore della riforma ha votato il 52,4% contro il 47,6 del No. Singolare anche il risultato dell'Emilia Romagna, dove il Sì ha staccato il No di meno di mezzo punto. Di contro il No ha registrato i risultati migliori in Sicilia, Sardegna e Campania con percentuali anche superiori al 70%. Nella regione più popolosa, la Lombardia, la distanza tra i due fronti è stata inferiore al dato nazionale: il No ha prevalso con il 55,5% e il Sì si è fermato al 44,5%. Nel Lazio aumenta il divario: No al 59,7% e Sì al 40,3. Nella Capitale il No si è attestato al 59,4%.

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LE MATITE TEDESCHE
Non sono mancate nel corso della giornata le polemiche. Una su tutte: il caso delle matite. C'è chi si è presentato ai seggi con la biro - è successo a Ponzano, in provincia di Empoli - chi con la gomma da cancellare. Chi ha minacciato denunce, chi ha richiesto l'intervento della polizia. Tutto a causa delle matite copiative fornite nei seggi che in qualche caso sembravano non copiative e quindi cancellabili. Il caso ha tenuto banco per tutta la giornata elettorale, rilanciato dai social ha creato allarme, sospetti, accuse di brogli. Il Viminale è dovuto intervenire per assicurare che le matite «sono indelebili». Solito fornitore nessuna novità. Eppure in tanti hanno segnalato che al momento di sbarrare il Sì o il No sulla scheda la matita scriveva male. Il segno non si leggeva abbastanza ed era facilmente falsificabile.

Tra i tanti che hanno sollevato il caso, il cantante Piero Pelù, che già in passato aveva preso posizioni molto nette in politica, ha postato su Facebook le dichiarazioni messe a verbale dinanzi al presidente del suo seggio. L'attore Giorgio Gobbi ha presentato a Roma una denuncia ai carabinieri dopo aver verificato che il segno lasciato dalla sua matita sulla scheda non era indelebile. Il leader della Lega Matteo Salvini ha, a sua volta, invitato gli elettori a tenere gli «occhi aperti», e a «non farsi fregare». Appelli dello stesso tipo sono stati lanciati anche da Fulvio Martusciello, esponente di Forza Italia e dal senatore siciliano del M5S Mario Giarrusso. A Genova la Prefettura è stata costretta a chiarire che non risultavano «anomalie» e che le matite facevano parte di forniture distribuite di anno in anno dal ministero dell'Interno, quelle prodotte dalla ditta Luca srl negli ultimi 5 anni, che a sua volta si rifornisce dalla Faber Castelli, direttamente in Germania. Matite che a differenza degli anni passati sono all'esterno di colore blu e scrivono nero. La Prefettura di Catania è entrata nel dettaglio tecnico spiegando che «la matita copiativa può essere cancellata da un foglio bianco ma non dalla scheda» che altrimenti rischia di essere «bucata». Proteste e controlli anche a Genova, nel seggio dove ha votato Beppe Grillo. A Isernia è intervenuta la Digos e i rappresentanti di Sel si sono mobilitati per presidiare i seggi.

LA DENUNCIA
Insomma, un caso vero proprio amplificato dai socialnetwork che hanno messo in allerta gli elettori. Per la cronaca: sotto accusa è finita l'ultima fornitura, circa 130 mila matite distribuite nei seggi. Da qui l'invito ad alcune prefetture a utilizzare «anche le matite rimaste nei depositi negli anni precedenti». Tutt'altro che conclusa, la vicenda delle matite rischia di avere un risvolto giudiziario. Il Codacons ha infatti annunciato un esposto che verrà presentato oggi al ministero dell'Interno e a 140 Procure italiane. Il presidente dell'Associazione, Carlo Rienzi ha parlato di «denunce circostanziate che meritano la dovuta attenzione». La polemica è stata raccolta e rilanciata dalla forzista Daniela Santanché che ha chiesto al premier Renzi e al ministro Alfano se non avessero per caso escogitato «un altro dei loro trucchetti per taroccare la scelta degli italiani nelle urne».

I TRUCCHETTI
Una querelle tutta italiana, quella dei lapis difettati. Per fare ulteriore chiarezza è intervenuta anche la senatrice Federica Chiavaroli, sottosegretario al ministero della Giustizia: «Nessun trucchetto». Mentre la parlamentare di Ap-Ncd Paola Binetti è partita al contrattacco. «La nuova bufera - è insorta - è un'ennesima ridicola operazione di screditamento di queste votazioni. Le matite copiative di quest'anno ed eventualmente quelle avanzate negli anni precedenti, sono le stesse che da ormai 70 anni si utilizzano nelle urne e rappresentano nella loro semplicità estrema la tecnologia a più basso costo per garantire sicurezza e stabilità al voto espresso dagli italiani. Infine l'ultima polemica: il silenzio elettorale violato. Un caso che si ripete ad ogni elezione ma che l'uso disinvolto degli spot su Twitter e su Facebook ha moltiplicato. Una denuncia destinata probabilmente a cadere nel vuoto.

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