Un bel pasticcio. Il caso maturato su un terreno decisamente tecnico è diventato esplosivo. Il fatto è che monsignor Pinto con quel suo avviso affisso in bacheva aveva infranto ogni regola. Per farla breve, nei mesi scorsi, dopo l'introduzione del nuovo processo matrimoniale voluto dal Papa per snellire i processi, Pinto aveva tolto agli ex coniugi la possibilità di scegliersi liberamente un patrocinatore, disattendendo così il principio sacrosanto della libertà di difesa. La questione era stata sollevata a più riprese dagli avvocati rotali iscritti all'albo che si sono visti togliere senza alcun motivo e senza spiegazioni i propri clienti, e affidati a dei legali d'ufficio. Pinto, nonostante le proteste, ha continuato per la sua strada, fino al decreto firmato dal cardinale Mamberti, su placet di Francesco con l'esortazione a rispettare la volontà papale e a riconoscere il diritto inviolabile della libera scelta della difesa.
L'intervento papale è stato provvidenziale visto che ha disinnescato anche i potenziali rischi sul fronte civilistico italiano. La prassi introdotta alla Rota da Pinto avrebbe violato anche il Concordato tra Italia e Santa Sede, l’articolo 24 della Costituzione e la Convenzione europea per i diritti dell’uomo in merito al diritto alla difesa: di conseguenza avrebbe potuto impedire la delibazione, il riconoscimento da parte italiana delle sentenze rotali in materia di nullità matrimoniale. La questione era pura arrivata alla Camera con una interpellanza a firma di Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia, al quale ha provveduto a rispondere il sottosegretario alla Giustizia Gennaro Migliore.
«Il Governo può pronunciarsi sul rispetto o meno del diritto di difesa nei procedimenti davanti ai tribunali ecclesiastici, ai fini della delibazione della sentenza di competenza del giudice nazionale». Infatti, la corte d'appello competente è tenuta anche a verificare «il diritto di agire e di resistere in giudizio, in modo non difforme dai principi fondamentali dell'ordinamento italiano».
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