Diverse lettere di protesta sono arrivate sul tavolo del cardinale Oswald Gracias, e del nunzio apostolico, monsignor Giambattista Diquattro, ma finora nessuno ha mosso un dito. Al momento fanno finta di niente. Così si sono mobilitate le consorelle della vittima: «E' stata la Chiesa a farci scendere in piazza, perché non ci ha dato ascolto», ha dichiarato al Times of India sister Anupama. «Sono passati 76 giorni dal 27 giugno, quando la nostra consorella ha presentato la denuncia, accusando il vescovo di averla violentata ripetutamente a partire dal 2014: sinora l’unica persona messa sotto torchio dalla polizia è stata lei».
Il clima tra i cattolici del Kerala, lo stato indiano che ne conta il maggior numero, un milione, si sta facendo incandescente: già in passato diverse suore avevano denunciato abusi da parte di preti e religiosi, senza che vi fossero conseguenze; e adesso il vescovo si dichiara del tutto innocente e controaccusa le suore di agire per vendetta nei suoi confronti. La rabbia delle ultime ore è montata dopo che un parlamentare eletto in una lista indipendente si è spinto ad affermare che «non ci sono dubbi che la suora sia una prostituta. Altrimenti, perchè avrebbe atteso anni prima di denunciare la violenza?».
«Abbiamo indetto la manifestazione», ha dichiarato George Joseph, presidente del Joint Christian Council, «perchè crediamo che la polizia agisca sotto pressione di alcuni politici e della Chiesa». Ma il dito è puntato anche contro i vertici della stessa Chiesa: nelle settimane scorse un gruppo di leader cattolici e di fedeli in India ha fatto appello al Vaticano per la rimozione del vescovo in questione, attualmente titolare della diocesi di Jalandhar. Finora nessuno è intervenuto anche se il Vaticano continua a predicare la tolleranza zero per chi usa violenza.
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