La nemesi/ E Virginia finisce come SottoMarino

di Mario Ajello
4 Minuti di Lettura
Lunedì 11 Settembre 2017, 00:00
C’era una volta un lago, dove adesso c’è il Colosseo. Anzi, no: il lago è spuntato di nuovo. E nessuno sembra capace di prosciugarlo come fecero gli antichi. E c’è un lago dappertutto nella Roma alluvionata. Si poteva evitarlo? Ma certo. Bastava che fosse stato vero il punto numero 18 - intitolato Piano Caditoie - dei “43 successi” della giunta Raggi, pubblicizzati da Beppe Grillo prima dell’estate. Ovvero i tombini, gli scoli e le fogne - in nome della discontinuità rispetto alle gestioni comunali precedenti e a quella del Marino ribattezzato SottoMarino - avevano ripreso a funzionare, secondo la propaganda 5 stelle. E invece, evidentemente, no.
 
Si è sempre vantato il Campidoglio, nella sua nuova epoca, di volere mettere l’ordinario - in una città che pure è storicamente abituata a vivere sulla vetta dello straordinario - al primo posto nella strategia di governo. Eppure, non c’è nulla di più ordinario, ovvio, naturale, atteso e addirittura invocato, visto che non pioveva da tre mesi, di un diluvio settembrino sulla Capitale. E non stiamo parlando di uno tsunami, o di una super-esondazione del Tevere modello Firenze 1966, o dell’uragano Irma. Ma di un acquazzone ed è bastato questo per misurare l’impreparazione che ha accolto il violento scroscio e ha mandato in tilt per un giorno, e speriamo che non ne seguano altri, la città in tutti i suoi quartieri, nelle metro bloccate, nei bus deviati, nel traffico (e per fortuna che era domenica) impazzito. 

La discontinuità dei 5 stelle rispetto ai partiti che governavano prima la Capitale e gli altri Comuni, come Livorno che è stata sommersa ancora di più e peggio di Roma, doveva stare anche nell’efficienza della nuova generazione di amministratori che volevano distinguersi, dalla vecchia politica, nel rapporto di vicinanza con i cittadini e per l’attenzione ai loro bisogni quotidiani. Tra cui quello di non dover camminare sott’acqua. Ma tutta questa retorica nuovista e gentista si è squagliata, anche con effetti micidiali, in queste ore. Ed è stata sostituita da uno striminzito e asciutto (è il caso di dire) appello della Raggi a «non uscire di casa», a evitare i parchi, a mettersi in salvo come si può.

Un appello utile e doveroso, naturalmente, ma doveva essere preceduto non dello sbandieramento vuoto del successo numero 18 ma dal fattivo intervento pratico per ripulire i tombini, sturare le caditoie, riempire le buche stradali che invece sono diventate laghi vulcanici, intervenire su ogni anfratto che sarebbe potuto trasformarsi in pozzanghera o palude. L’appello è stato fatto, il resto no. Ed è la mancata prevenzione quella che ha affogato Roma, insieme all’inadeguatezza e all’impreparazione in una materia facilmente maneggiabile e fin dalla campagna elettorale grillina individuata come una delle urgenze a cui porre mano. 

La continuità di Roma allagata prima e allagata ora è anche la storia di una nemesi. Proprio la Raggi, quando governava SottoMarino, era quella che ironizzava: «Domani piove, gonfiate i gommoni». Ed era sempre lei, nel 2014, che scriveva su Facebook: «Se il problema sono i tombini e le caditoie ostruite, suggerirei di pulirle. Se il problema sono i rami degli alberi pericolanti, suggerirei di potarli». Facile, no? Ma allora perché non si è fatto proprio questo? Perché si è lasciata passare invano l’estate senza prepararsi? 

E’ così evidente la nemesi che sui social non si fa che ironizzare. Centinaia di tweet, come questo firmato GodSaveTheQueen: «Virginia Raggi ci tiene a precisare che la pioggia caduta oggi era tutta acqua avanzata dalle precedenti amministrazioni». E Di Battista che alle prime gocce chiedeva ogni volta le dimissioni di SottoMarino? Ora gli scrivono così: «A Dibba, te ricordi quando Roma co’ ‘na giornata de pioggia s’allagava tutta??? Mica come oggi!». E perfino il saggio Osho, dopo un’estate ad ascoltare brontolii sulla siccità, ha perso la pazienza: «Aò, decideteve, mo n’va manco più bene l’acqua?». 

Ma al netto delle ironie, e considerando i costi umani che il maltempo sta provocando in tutta l’Italia, la questione è molto seria. E non sembra casuale il fatto che in due amministrazioni governate dai 5 stelle, Roma e Livorno, si registrano i problemi più gravi. Dovuti evidentemente a un deficit di preparazione politica e gestionale che non si può improvvisare e che non può sorgere per miracolo sulla base delle passate denunce delle inefficienze degli altri. 
Dunque, la Raggi avrebbe dovuto evitare a se stessa e alla Capitale di farsi trovare disarmata in questa occasione. Perché l’effetto deja vu è l’opposto di quella virtuosa costruzione del futuro di cui Roma ha estremo bisogno.
© RIPRODUZIONE RISERVATA