I pubblici ministeri Antonio Calaresu e Pantaleo Polifemo hanno chiesto il suo rinvio a giudizio e il giovane, difeso dall'avvocato Ettore Iacobone, ha scelto di essere sottoposto al rito abbreviato. La sentenza è prevista per venerdì prossimo. Come si legge nel capo d'imputazione, il ragazzo, «agendo con altre persone rimaste ignote» avrebbe aggredito Alberto colpendolo ripetutamente in testa «tanto da procurargli un grave trauma facciale e cranico» e stringendolo poi al collo talmente forte da lesionargli la carotide.
L'OMICIDIO
I fatti risalgono al luglio dello scorso anno. Alberto contatta il venticinquenne e i due si accordano per incontrarsi in una piazzola a Pian Dell'Olmo. È sera quando l'anziano si presenta all'appuntamento. Arriva in macchina, nelle tasche ha solo pochi euro e un telefonino. Ad attenderlo, però, non c'è solo Vasile. L'uomo, a quel punto, capisce di essere stato raggirato: il ragazzo non vuole intrattenersi con lui, ma vuole solo derubarlo. Fuggire è impossibile, per la vittima: i tre aggressori colpiscono Alberto con pugni violentissimi, gli stringono le mani intorno al collo. Poi, gli sottraggono i soldi e il telefono, e fuggono lasciandolo in una pozza di sangue. L'anziano viene ritrovato da due passanti. È in fin di vita, ma fa in tempo a dire ai soccorritori di essere stato aggredito da tre persone di nazionalità rumena. Portato all'ospedale Sant'Andrea, l'uomo finisce in coma. Ha il volto distrutto dalle botte e ha subìto un tentativo di strangolamento: la sua carotide è lesionata. I medici lo sottopongono a un intervento neurochirurgico, ma non riescono a salvarlo: il paziente muore dopo due mesi di ricovero. In Procura scatta un'inchiesta. Gli inquirenti si mettono sulle tracce degli stranieri, analizzano i tabulati del cellulare della vittima e scoprono che nei giorni precedenti l'aggressione Alberto è stato in contatto con Vasile: si sono scambiati telefonate e messaggi. Il rumeno viene rintracciato in una chiesa abbandonata nella zona nord di Roma e viene arrestato. Durante l'interrogatorio di garanzia, il ragazzo crolla. Tenta di giustificarsi: «Alberto voleva darmi solo 10 euro per un incontro, era troppo poco - dice - Abbiamo litigato e gli ho dato qualche schiaffo, non so cosa gli sia successo dopo». Gli inquirenti, però, non credono alla sua versione: hanno la certezza che il movente dell'omicidio fosse una rapina.