Buche Roma, la mamma di Elena Aubry a Raggi: «Vieni a tapparle con me»

Buche Roma, la mamma di Elena Aubry a Raggi: «Vieni a tapparle con me»
di Mario Ajello
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Mercoledì 18 Luglio 2018, 08:51 - Ultimo aggiornamento: 19 Luglio, 09:21

Suona il telefono di Graziella Viviano, mentre questa Madre Coraggio delle Buche sta cerchiando di giallo l'ennesima voragine killer con la sua bomboletta spray. «Pronto?». Dall'altra parte del pianeta, un gruppo di giornalisti dal Giappone, dove le strade sono liscissime, l'ha chiamata per fissare un appuntamento. Lei dice loro: «Ma come avete fatto a sapere che esisto?». Risposta: «Il mondo è piccolo». E ora da Tokyo vengono a Roma, per conoscere Graziella, per chiederle di sua figlia - Elena Aubry, 25enne che ha trovato la morte in una buca di via Ostiense - e per sapere come mai nella Capitale italiana continua questa inutile strage nei tombini che sono piccole tombe e nello sconcio del dissesto stradale diventato cimitero.

«Mi chiamano dal Brasile, dal Messico, dall'India», racconta Graziella: «Seguono con interesse la storia di una madre che con il cuore, con il cervello e con lo spray si batte per la dignità e per la vita nostra e dei nostri ragazzi. Non si può morire come è accaduto a Elena. Ora arrivano i giapponesi, perfino loro, da così lontano, e invece Virginia Raggi, la nostra sindaca, che io ho anche votato e in cui non voglio smettere di credere, non dà segnali. E' come se il Campidoglio non ci fosse, e invece c'è, deve esserci».

Graziella si ferma per qualche minuto, nei suoi giri, da Monteverde all'Appio, e in su e in giù, dove insieme ad altri - ora è con lei Luciano Benedetti, che a sua volta ha perso un figlio per un incidente in moto - cerchia le buche, alcune aiuta a riempirle, innesca un interventismo virtuoso dal basso per riparare ai guasti micidiali, e si sente di fare un appello vibrante, ma non polemico, alla sindaca: «Virginia, stai con il popolo romano. Non basta dire che riparerai le strade di Roma, fallo subito. Noi vogliamo darti la spinta, ma non sostituirsi alle istituzioni: sei tu che devi occuparti di questa emergenza. Eliminare le buche, una per una, subito, senza grandi proclami per il futuro, ma con una dedizione quotidiana, per te sarebbe una cosa intelligente sia dal punto di vista politico sia dal punto di vista umano». E ancora Graziella: «Non è sufficiente dire, come fa la Raggi: rifarò le strade. Il problema è nel frattempo. Mia figlia è morta nel frattempo, e sono andata a vedere il punto esatto dove è morta: in mezzo alle buche, ai dossi, agli avvallamenti di quel tratto dell'Ostiense dove altri hanno perso la vita come lei».

La Virginia del «dopo» deve diventare insomma la Virginia del «nel frattempo». Agire immediatamente sull'emergenza. E farsi sentire - «Nemmeno un telegramma!» - da chi si sta impegnando in maniera nuova, diretta, non partitica ma a suo modo politica, in questa battaglia pro-life. «Siamo cittadini - incalza la Madre Coraggio delle Buche, 57 anni, architetta - che invece di inscenare inutili manifestazioni o organizzare cortei autoreferenziali, chiedono agli amministratori pubblici: perché non fate questo? perché non fate quello? Se un politico non dà spiegazioni ai cittadini, perde voti». Intanto a via Segesta, all'angolo con via Macedonia, due passi da Piazza Zama, il sodale di Graziella - Luciano, che la contattò dopo la morte di Elena e così sono diventati amici e si battono per la stessa causa questo padre e questa madre che hanno perduto i figli sulle strade assassine - scorge una nuova crepa. «Questa - avverte - è una buca a trappola!», cioè quasi invisibile.

Passano due o tre motorini e ci finiscono dentro, ma poi risalgono, per fortuna, sia pure un po' ammaccati. Passa qualche auto e le sospensioni sembrano saltare. Graziella e Luciano cerchiano di giallo la buca e da quel momento cambia la situazione: i motorini rallentano e schivano il pericolo, le macchine idem. «Basta poco, la Raggi - insiste la signora Graziella - dovrebbe scendere dal Campidoglio e venire con noi, ma poi continuare da sola perché questo devono fare le istituzioni, che noi veneriamo, a sistemate il sistemabile. Non servono tanti soldi e il popolo la applaudirebbe. Ora serve la prevenzione, e il sindaco può fare prevenzione. Poi ci sarà la soluzione, e un sindaco ha il dovere di essere protagonista di entrambe le fasi».

LA SCOSSA
La scossa di Graziella, di Luciano, dell'associazione Tappami che spesso lavora con loro a colpi di bitume e rattoppi, però meriterebbe di smuovere molta ma molta più gente dall'indolenza e dall'indifferenza, accompagnata dalla solita lagna romana, che è purtroppo è tipica di buona parte di questa città. Ma la madre di Elena non dispera affatto. «Siamo destinati a diventare contagiosi e virali», osserva. Perfino in qualche ufficio circoscrizionale. «A volte - racconta Luciano, quasi nonno ma veste da motociclista - dopo che chiudiamo alcune buche ne vengono chiuse altre ma non da noi». «Quindi sotto sotto le istituzioni - commenta Graziella - stanno capendo che il dramma esiste. Ma il Campidoglio deve superare la sua timidezza. Da madre a madre, da cittadina a cittadina, anche se lei guida la città e io no, mi aspetto un cenno dal sindaco. Sentire che ogni giorno muoiono delle persone nelle vie che percorriamo tutti è qualcosa che dovrebbe far superare ogni remora. La noncuranza è il maggior dispetto».

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