Non aveva la possibilità di bere, mangiare o di espletare i bisogni fisiologici, in condizioni, quindi, «incompatibili - come si legge nel capo di imputazione - con la natura dell'animale e produttive di gravi sofferenze».
Il padrone, una volta sorpreso, aveva provato a giustificarsi: «Mi sono allontanato solo qualche minuto». Ma le tante testimonianze raccolte dagli agenti di polizia intervenuti sul posto insieme ai volontari dell'Enpa, l'ente nazionale protezione animali, allertata dai continui ululati ascoltati dai residenti, hanno permesso di ricostruire la vicenda. «Sembrerebbe che tranne per brevi passeggiate - si legge nella denuncia - l'uomo costringa a vivere il cane nel piccolo trasportino». Tanto che il piccolo segugio, una volta liberato, «ansimava e appariva assetato, con postura delle zampe posteriore e deambulazione anomala». Per il segugio, ricoverato presso il canile comunale, dopo l'inferno è subito iniziata una nuova vita, più dignitosa. Mentre per il sessantenne, a distanza di quattro anni dai fatti, ieri è arrivata la decisione del giudice monocratico, che ha sospeso la pena, disponendo come la sua messa alla prova. Per sei mesi l'ex cacciatore dovrà prestare servizio gratuitamente presso un istituto psichiatrico una volta a settimana.
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