Roma, pestaggio in metro davanti alla madre: «Ferocia disumana»

Roma, pestaggio in metro davanti alla madre: «Ferocia disumana»
2 Minuti di Lettura
Lunedì 16 Aprile 2018, 08:25 - Ultimo aggiornamento: 08:28

L'INCHIESTA
La metro era ferma all'altezza di piazza Bologna, bloccata dal macchinista per il pestaggio in corso. Eppure mentre venivano sferrati calci e pugni sul passeggero, a terra e indifeso, gli aggressori «si reggevano ai supporti metallici, non perché il convoglio fosse in movimento, ma all'unico scopo di assestare ogni colpo con maggiore intensità». E' stata definita «una ferocia al limite dell'umano» dal giudice Clementina Forleo quella usata il pomeriggio del 18 settembre del 2016 da tre casertani di passaggio a Roma su Maurizio Di Francescantonio, trentasettenne romano, punito così su un vagone della Metro B per aver detto loro di spegnere una sigaretta. Una ferocia che il giudice ha stabilito debba essere configurata come tentato omicidio per motivi futili e da condannare con pene molto pesanti: 17 anni e 9 mesi per Antonio Senneca, e 14 anni ciascuno per Luigi e Gennaro Riccitiello. Ragazzi che dopo una notte di bagordi, tra alcol e droga in giro per locali, l'indomani «in venti secondi avevano riservato al passeggero, che secondo loro li avrebbe importunati per una sigaretta accesa, una gragnuola di pugni e calci di sconcertante violenza e rapidità», si legge nelle motivazioni della sentenza. Un'aggressione volta indifferentemente a ferire e uccidere, che ha procurato un «fracasso cranico» sulla vittima, un buco alla scatola cranica.
PASSEGGERI IMPAURITI
Quel giorno Maurizio Difrancescantonio era salito in metro con la madre dopo essere stato appena dimesso dal Policlinico Umberto I dove aveva passato una giornata in osservazione. Erano le tre e mezza. I passeggeri a un tratto gli erano sembrano impauriti, in allerta per l'atteggiamento di alcuni ragazzi. Allora si era alzato ed aveva avvertito uno di loro che era vietato fumare. Luigi Ricciarello non aveva accennato reazioni. Poi era uscito dal convoglio, era rientrato subito e gli aveva sferrato uno schiaffo con tutta la forza. La vittima e la madre hanno provato a reagire scatenando la «rappresaglia» di Senneca e dell'altro Riccitiello. Senneca, come mostrava il video della videosorveglianza, «ha condotto la parte centrale del pestaggio e inflitto il maggior numero di percosse. Senza arrestarsi nonostante l'intervento della madre. La potenzialità lesiva delle percosse, in specie calci alla testa, già ragguardevole è risultata amplificata dalla posizione dei soggetti coinvolti, dalla disparità numerica e dalla vigoria fisica».
Adelaide Pierucci
© RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA