Roma, «Cara Cinecittà»: dai depositi spuntano centinaia di lettere di italiani che tra gli anni '60 e '80 sognavano di fare cinema

Roma, «Cara Cinecittà»: dai depositi spuntano centinaia di lettere di italiani che tra gli anni '60 e '80 sognavano di fare cinema
di Laura Larcan
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Sabato 10 Febbraio 2018, 11:23 - Ultimo aggiornamento: 12 Febbraio, 17:16
«Gentili funzionari degli studi di Cinecittà, vi scrive un bambino di 13 anni. A me piace molto recitare (ho anche fatto la parte di Cristoforo Colombo nella recita della scuola di quinta elementare). Io non conosco registi, perciò vi scrivo per chiedervi se potete farmi avere una parte». Era il 21 dicembre del 1966 quando il piccolo Giampiero (romano e residente all’Eur) riponeva nel suo foglio a righe, scritto a mano con una grafia precisa, tutti quei sogni di cinema. Sulla busta aveva anche scritto “urgente”. Quasi fosse la sua letterina per uno speciale Babbo Natale sulla via Tuscolana. La lettera di Giampiero è solo una delle centinaia e centinaia di missive che sono state ritrovate del tutto casualmente in uno scatolone dimenticato sotto la polvere, nell’angolo di una stanza degli Studios di Cinecittà. Una storia nella storia, tutte quelle carte di cui s’era persa traccia.

Sono datate dagli anni Sessanta alla fine degli anni Ottanta, sono scritte a penna o a macchina, arrivano da ogni parte d’Italia, senza distinzione d’età o origine. Non altro che la memoria degli italiani che sognavano il grande cinema, l’avvento della televisione, un incontro ravvicinato con le star, da Vittorio De Sica a Sophia Loren, che qui si davano appuntamento. È stato Giancarlo Di Gregorio, responsabile della comunicazione degli Studios sulla via Tuscolana a ritrovarle: «Quello scatolone giaceva da tempo in una stanza - ricorda Di Gregorio - Un giorno, incuriosito, mi sono avvicinato e l’ho aperto. Era colmo di lettere di gente comune indirizzate agli Studios, centinaia e centinaia, un piccolo tesoro che bisognava portare alla luce e che era un peccato lasciare lì a prendere polvere».

Da questa inaspettata scoperta ne è nato un volume, “ Cara Cinecittà”, pubblicato in occasione dell’ottantesimo compleanno della cittadella del cinema: «Trasformare quella mola di messaggi in bottiglia in un libro mi è sembrato un omaggio a tutte quelle persone che hanno contribuito a rendere la fabbrica dei sogni un luogo unico». I FILM WESTERN Come Leonardo che il 7 dicembre del ‘70, scrive dall’Irlanda, dove è emigrato otto anni prima: «vi dichiaro che ho lavorato qua 1 volta alla televisione e 2 volte al filmi, qua in Irlanda non c’è molto lavoro ti fai vecchio prima di fare l’attore». E ancora i fratelli Salvatore e Giuseppe “meridionali a Como” che il 20 giugno del ‘70 vogliono «fare gli attori, possibilmente in parti western».

Nello stesso anno Stefania, di 12 anni, sogna di «girare un films accanto a Romina ed Albano», perché «tutta la gente a Marina di Massa mi dice che assomiglio molto a Romina». C’è chi si propone come autore: da Stettelfelden il 16 maggio del ‘66 arriva la richiesta dell’indirizzo del «Reggista Signor Vittorio De Sica al quale vorrei sottoporre l’esame di un manoscritto che probabilmente l’interesserà». Rino da Napoli, 19 anni nel ‘66, «vorrebbe fare fotoromanzi». Allega la sua foto e precisa «nel caso di un esito negativo prego di rispedire al mittente la foto». Ettorina da Bergamo, nel novembre del ‘70, si accontenterebbe «anche di una particina insignificante». Luigi nel giugno del ‘70, da Cagliari, scrive: «senza tanti preamboli vi dico che mi trovo senza un soldo e sinceramente ammetto di avere poca voglia di lavorare, ma che mi piacerebbe fare del cinema».

Marco, a maggio del ‘70, ha 10 anni, è romano e studia al collegio di Montalcino «per i figli dei vigili del fuoco perché mio babbo è vigile alle Capannelle».
E vuole «sapere la storia di Cinecittà, dove fate i film western con Giuliano Gemma e come fate a costruire una città del Far Wester. Se mi risponderete farò bella figura con i compagni». Imma e Anna Maria da Taranto nel 1987 precisano: «una di noi ha vissuto l’esperienza di sette mesi di prigionia e sarebbe in grado di rivivere quei momenti in maniera realistica».
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