Roma, la mappa della crisi: ecco il piano in dieci mosse del ministro Calenda

di Andrea Bassi
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Sabato 30 Settembre 2017, 14:48 - Ultimo aggiornamento: 14:57
Per capire quanto la traversata del deserto per l'economia romana rischi di essere ancora lunga, c'è un indice che più di altri fa da bussola: il valore aggiunto pro-capite. Il concetto, banalizzandolo, è abbastanza semplice. Quanto valore aggiunge la produzione e il lavoro ad un determinato bene o servizio? La plastica e il rame che compongono un telefono cellulare, per esempio, valgono forse qualche decina di euro. Ma quella stessa plastica e rame trasformati in uno smartphone ne portano il valore a qualche centinaio di euro. Se su un determinato territorio il valore aggiunto pro-capite è basso, vuol dire che l'economia è povera. Dunque proprio nel valore aggiunto sta il principale campanello d'allarme suonato dall'analisi su Roma condotta dal ministero dello Sviluppo economico e inviata alla sindaca Virginia Raggi, al presidente della Regione Nicola Zingaretti, e ai sindacati.



Nella provincia di Roma il valore aggiunto, dal 2008, si è ridotto del 5,3%, scendendo da 139 miliardi di euro a 132 miliardi di euro. A Milano, nello stesso periodo, è cresciuto dell'1,5%. Quello pro-capite è addirittura crollato di oltre il 15%, passando da 35.800 euro a 30.200 euro. Una crisi che non ha risparmiato nessun settore. Nel commercio, nel turismo e nelle comunicazioni, la riduzione ha superato i nove punti percentuali. Nelle costruzioni il crollo è stato del 25%. Nell'agricoltura dell'11,3%. La crisi non ha colpito tutte le aree della provincia di Roma allo stesso modo. In alcune la riduzione del valore aggiunto è stata più marcata, come nella bretella Sud, che comprende Zagarolo, Artena, Palestrina, dove il valore aggiunto è andato in picchiata di oltre il 35%. Anche il litorale Nord, con Cerveteri, Ladispoli, Civitavecchia, ha visto calare il suo valore aggiunto del 12%. La Capitale invece, dove il dato è rimasto costante, ha indossato un'altra maglia nera, quella di area con le maggiori crisi occupazionali. Dei 23 mila dipendenti coinvolti nelle 58 crisi capitoline, ben 9 mila sono quelli di Alitalia, alle difficoltà del settore sanitario con il San Raffaele e il Gruppo Garofalo, alla crisi delle grandi catene di elettronica come Edom (la ex Trony) e Mediamarket, la capitale e il suo hinterland hanno pagato un prezzo elevato in termini occupazionali. Così come le aree di Fiumicino e di Pomezia, quest'ultima con la crisi di Fiorucci.

LA TRASFORMAZIONE
La trasformazione, preoccupante, del tessuto produttivo sta nei numeri del dossier del ministero dello Sviluppo: nonostante dal 2008 al 2016 le imprese siano aumentata da 426 mila a 486 mila, le società per azioni, quelle più grandi e strutturate si sono ridotte del 13%. Sostituite da un vero e proprio boom di ambulanti e affittacamere, tutte attività a basso valore aggiunto. Eppure di risorse per invertire il declino ci sarebbero, 2,6 miliardi già disponibili tra fondi regionali, governativi ed europei. Ed è lo stesso ministero guidato da Carlo Calenda a farne un certosino censimento. Solo per lo sviluppo economico e la competitività delle imprese ci sono fondi per 270 milioni, 113 dei quali per la reindustrializzazione e per cogliere le sfide di industria 4.0. Altri 62 milioni per l'innovazione, 72 milioni per favorire l'accesso al credito delle imprese. Altri 40 milioni sono stanziati per l'occupazione: 13,5 per le crisi aziendali, 15 per i tirocini, quasi 4,5 per la ricollocazione dei lavoratori. 




IL LUNGO ELENCO
Per le nuove infrastrutture e per il trasporto pubblico c'è quasi un miliardo di euro da spendere: 446 milioni per le opere strategiche, 16 milioni per il raddoppio della Tiburtina, 99 milioni per il prolungamento della metro B fino a Casal Monastero, 3 milioni per la banda ultralarga. Ci sono poi, 117 milioni di euro per la qualità dell'ambiente e la lotta all'inquinamento: 70 milioni per la lotta al dissesto idrogeologico per l'area metropolitana, 5 milioni per combattere l'inquinamento, 25 milioni per il nuovo piano di raccolta differenziata per Roma Capitale. Ci sono 71 milioni per valorizzare l'agricoltura: dal sostegno delle start up al supporto per gli investimenti per la conversione aziendale verso metodi di produzione sostenibile e biologica. Ci sono 530 milioni messi a disposizione dalla Regione per la nuova sanità: 220 milioni sull'edilizia sanitaria, 231 milioni per i lavori al policlinico Umberto I, 145 milioni per il Nuono ospedale dei Castelli romani. Per la scuola, la formazione e la conoscenza, sono disponibili fondi per 257 milioni di euro: 37,5 per i lavori in novanta scuole di Roma, 78 milioni per il progetto «Torno subito» che finanzia percorsi integrati di studio e lavoro in contesti nazionali e internazionali destinato ai giovani dai 18 ai 35 anni, universitari o laureati, residenti o domiciliati nel Lazio, dando l'opportunità di accrescere o migliorare le proprie competenze per poi reimpiegarle sul territorio regionale. Tutte iniziative tra loro disgiunte che, nell'idea di Calenda, dovrebbero convergere su un grande progetto per salvare Roma.
 
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