Gavazzeni, che tra il 2016 e il 2017 è stato impegnato in Cile per esporre le sue opere al MAC, Museo di Arte Contemporanea di Santiago e alla Marlborough, la più grande e prestigiosa galleria d’arte del Sudamerica, ritroverà dunque la città che forse più di tutte ha segnato la sua esistenza. “Ho iniziato a venire a Roma a 5 anni, per un concerto di mio nonno a Santa Cecilia. Subito venni folgorato dalla città. Un po’ come i musicisti russi, che sono forse i più vicini a me nel sentire questo luogo. Il mio incontro con Roma è stato decisivo, la città eterna e il miracolo della sua luce mi hanno rapito; in ogni secondo brilla di una luce diversa, è un continuo cambiare. E poi, Roma è unica anche per l’eterno riuso della città, per la sua stratificazione”. “Come molti artisti del passato, Gavazzeni, ha preso in mano un tecnica consolidata” scrive Claudio Strinati “e ne ha fatto uno strumento personale e in qualche modo irripetibile. Il suo metodo di ripresa e di stampa è certamente fotografico, ma l’artista non soltanto rappresenta immagini manomesse dalle sue peculiari modalità di esposizione e di illuminazione, ma predispone per l’osservatore eventi visivi che non si capisce bene se confinino con il dominio della pittura, con quello della grafica, con quello del disegno o, addirittura, direttamente con quello della rappresentazione onirica”. A segnare la sua vita, non solo la città di Roma, ma anche, inevitabilmente anche la musica. Gianandrea Gavazzeni, suo nonno, è stato direttore d’orchestra e compositore. Sua madre, Madina Ricordi, discende direttamente dalla famiglia che ha fondato l’omonima casa editrice musicale. “Roma è la patria dell’anima occidentale e probabilmente solo la musica, ad un certo punto, può raccontare qualcosa dell’intimo e dell’anima profonda della città eterna. E poi c’è la fotografia”. “Il segreto della luce” racconta, per intero, la storia dei luoghi, degli oggetti, delle persone, come fosse un segreto quantico.
È un excursus nell’amore, che si lega alla città eterna ed ai sui monumenti che sono vivi. Un’osservazione di Marco Di Capua sulla serie Teatri di Invenzione, in occasione della mostra del 2012 al Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo, è stata: “Per Gavazzeni la fotografia è lusso e flusso, una connessione ardita e una congiunzione grandiosa tra gli elementi. Tutti, nessuno escluso”. Dopo anni di ricerca, con l’uso del banco ottico e della pellicola, l’artista crea le sue opere sperimentando, usando la chimica, adoperando lo scanner, stampando le foto con una finitura lunghissima. In un mondo caduco, passeggero e mutabile, il suo è un tentativo di afferrare attraverso l’obiettivo lo spirito del tempo. La curatrice della mostra “Il segreto della luce”, Valentina Bonomo, in una recente intervista che sarà pubblicata integralmente in catalogo, ha approfondito i vari stati d’animo di Gavazzeni.
I moti psicologici ed emozionali che lo hanno condotto ad abbandonare la solida carriera da avvocato per assecondare il suo furor artistico.
Dall’incontro tra i due sono emerse “profonde affinità”, tipiche degli animi eruditi. Saranno 18 le opere esposte all’interno del Parco Archeologico di Ostia Antica, tra cui spiccano Visioni Fuggitive, Teatri d’Invenzione, scatti nati da una sessione fotografica a Villa Medici in Roma – serie esposta nel 2012 prima al Museo dell’Ermitage e poi al Museo di Architettura di Mosca –, Roma Dimenticate, serie effettuata ai Fori Romani e Ritratto di Paolo V, immagine scattata in Puglia in omaggio al suo grande amico Paolo Vagheggi. Le opere saranno esposte tra le sculture rinvenute ad Ostia, creando così un magnifico dialogo tra la scultura classica romana e la fotografia contemporanea.
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