L'ultima legione di batteri che sta salvando l'Arco di Settimio Severo. Il grande gigante gentile del Foro Romano (per dirla con Roald Dahl) si piega alle potenzialità del microcosmo. Il secondo arco più grande di Roma (dopo Costantino), una mole titanica di quasi 24 metri che sembra gareggiare con il profilo del Campidoglio, è al centro di una sperimentazione inedita per l'area archeologica centrale. Senza precedenti. Un restauro bio che sta curando da lesioni, disgregazioni e fratture diffuse il vasto apparato decorativo di statue, rilievi, colonne e capitelli, attraverso uno speciale allevamento di batteri. Un unicum. «Il prezioso consolidamento dei marmi avviene attraverso un processo naturale, ecosostenibile, alimentando il ciclo vitale dei batteri che vivono all'interno dei marmi stessi e che si ricoprono di uno strato di carbonato di calcio», spiega la direttrice del parco archeologico del Colosseo Alfonsina Russo che ha messo in campo questa avventura biologica.
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L'Arco di Settimio Severo d'altronde andava curato. I ponteggi vertiginosi offrono in questi giorni una prospettiva ravvicinata alle figure ciclopiche dell'esercito dei Romani alla conquista delle quattro città dei Parti per omaggiare i trionfi di Settimio Severo nel II secolo d.C. Qui la canicola è stemperata dal ponentino. E non a caso. «L'arco registra l'impatto delle correnti come una cartina al tornasole - indica Federica Rinaldi, responsabile del cantiere - Con questo intervento di manutenzione straordinaria ci siamo resi conto dell'impatto che hanno i venti sul monumento: le parti più erose spiccano sul versante sud, mentre a nord le figure mantengono meglio la loro integrità».
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Le scoperte
Archeologi e restauratori al lavoro stanno ristudiando tutto il gigante. Con l'utilizzo del laser, ad esempio, sono stati riportati a vista segni particolari del tempo, come graffiti di figure fantastiche, frasi e firme lasciate tra il 500 e il 700. L'iscrizione dedicatoria, a 23 metri d'altezza, ha riservato non poche sorprese. Intanto sono state ritrovate parti delle lettere in bronzo originali. Poi, è stata riaperta una porta segreta: «Si tratta della camera di ispezione antica - dice Alfonsina Russo - un ambiente che era collegato ai passaggi interni usati per la manutenzione dell'epoca». E sempre l'iscrizione, ora, regala un retroscena: «Sapevamo che l'Arco fosse dedicato a Settimio Severo e ai figli Geta e Caracalla, e ora - avverte Federica Rinaldi - si vede l'intervento di damnatio memoriae sul nome di Geta attuato dopo l'uccisione da parte di Caracalla». E tra le figure a rilievo dei barbari sul basamento, infine, è riemerso anche un foro: qui nel Medioevo, quando il Foro Romano era interrato e si camminava a quote più alte, qualcuno ha usato l'Arco per legare cavalli e asinelli.