Basilica di San Lorenzo in Damaso, la chiesa diventata stalla francese

Basilica di San Lorenzo in Damaso, la chiesa diventata stalla francese
di Fabio Isman
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Domenica 23 Aprile 2017, 16:49 - Ultimo aggiornamento: 26 Aprile, 12:45
È tra le chiese più antiche dell'Urbe: secondo il grande studioso Richard Krautheimer, edificata da Damaso I, nella sua casa, verso il 380. Spagnolo e di famiglia patrizia, è eletto a San Lorenzo in Lucina, mentre altri nominavano il diacono Ursino, a Santa Maria di Trastevere. Finirono per affrontarsi, spiega Ammiano Marcellino: 137 morti. Era un artista, circondato da artisti: il primo papa mecenate dei secoli; restaura le catacombe; compone poesie per i martiri i cui corpi ritrova; in Vaticano, edifica un battistero in onore di San Pietro, e una sua iscrizione si legge ancora. La basilica di San Lorenzo in Damaso era orientata con la facciata su via del Pellegrino: muta, per fare posto al Palazzo della Cancelleria, in cui è ora inglobata. C'è un distico attribuito al papa, che ne celebra la nascita; e la lapide sulla facciata dell'edificio, il rifacimento.

VICISSITUDINI
A fine XV secolo, Donato Bramante la modifica, per ordine del cardinale Raffaele Riario, nipote di Sisto IV Della Rovere. Ed oggi è tra le chiese invisibili di Roma: non si vede molto, almeno da fuori. Gian Lorenzo Bernini rifà, nel 1640, presbiterio e abside, e viene riccamente decorata. Ma l'occupazione francese la trasforma in stalla per i cavalli delle truppe. La restaura Giuseppe Valadier, all'inizio del XIX secolo. Poi, Pio IX Mastai Ferretti vi fa rimettere le mani da Virginio Vespignani, che la riconduce al gusto del Rinascimento, però elimina gli interventi di Valadier e di Bernini. Altri lavori ancora nel 1939, dopo un incendio: Pio XII ne fa ricostruire il soffitto, che era crollato.

L'INTERNO
Ma se dalla piazza si vede soltanto un bel portale, di Jacopo Barozzi da Vignola (suo anche Palazzo Farnese, a Caprarola), l'interno riserva invece molteplici sorprese. Conserva la struttura tardo quattrocentesca, a tre navate e precedute da un vestibolo con volta a crociera. Conserva, è in quella a sinistra, un'icona ritenuta miracolosa del XII secolo: una Madonna già sotto l'arco di via Grottapinta; e tombe illustri, opere insigni. Qui davanti, fino all'inizio del Novecento, si svolgeva il Mercato delle Pulci, antenato dell'attuale Porta Portese. E nell'Ottocento, vi sorgevano due osterie di cui vale la pena di evocare almeno il nome: dei Beccamorti e del Trapasso. Vi fu battezzato Giuseppe Gioacchino Belli (si chiamava anche Antonio, Raimondo, Francesco e Maria); vi sono sepolti, tra gli altri, anche Annibal Caro (molti ricorderanno la traduzione dell'Eneide sui banchi di scuola), opera di Giovanni Antonio Dosio del 1579, suoi anche gli ornamenti della Chiesa nuova, e il cenotafio cenotafio di Bindo Altoviti a Trinità dei Monti, il fiorentino nemico dei Medici, banchiere di cinque papi, che presta denari a Enrico II di Francia (al 16 per cento d'interesse) e a Carlo II di Savoia; e Pellegrino Rossi, la cui tomba è di Pietro Tenerani, del 1854 (suoi la tomba di Pio VIII a San Pietro e il monumento di Simon Bolivar, a Villa Borghese).

L'ASSASSINIO
Pellegrino Rossi era il Primo ministro di Pio IX: viene trucidato nel 1848 sulla scalinata d'ingresso al Palazzo della Cancelleria, che allora era la Camera dei Deputati pontificia, e lo sarebbe stata anche, brevemente, della Repubblica Romana. Anzi, il suo assassinio innesca gli eventi che avrebbero portato alla sua costituzione. Nel vestibolo, anche il sepolcro di Alessandro Voltrini, un funzionario di Urbano VIII Barberini, di Bernini; dentro, statue di Stefano Maderno; una cappella di Nicola Salvi (il creatore di Fontana di Trevi); dipinti di Sebastiano Conca, Corrado Giaquinto, Nicolò Circignani, uno dei tre chiamati Pomarancio; la tomba di un Patriarca di Aquileia; con una cappella, e un affresco, di Pietro da Cortona. E anche un organo famoso d'inizio Novecento: il precedente, del 1533, venduto nel Seicento, quando si rifà la basilica. Insomma, siamo in un autentico palinsesto dei secoli romani, che di solito viene dimenticato. La gente passa in piazza, o sul Corso Vittorio, e non ne valica nemmeno la soglia.
 
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