I capelli miracolosi di Sant'Agnese

I capelli miracolosi di Sant'Agnese
di Fabio Isman
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Domenica 3 Settembre 2017, 11:00 - Ultimo aggiornamento: 4 Settembre, 22:01
Agnese aveva dodici anni, la voleva il figlio del prefetto di Roma. Lei rifiuta: denunciata come cristiana. Esposta nuda in un postribolo al Circo agonale, l'attuale piazza Navona (da qui la chiesa di Borromini): i capelli, però, le crescono tanto e così in fretta, da coprirne le forme. Un uomo cerca tuttavia di possederla: cade stecchito; ma per intercessione di lei, risorge. La gettano nel fuoco, che tuttavia si spegne. Allora, la sgozzano come un agnello. Era il 251, o forse il 304: sulle persecuzioni c'è qualche confusione. Comunque, la figlia dell'imperatore Costantino, Costanza, nel 342 le dedica uno tra i più integri esempi di basilica cristiana d'influenza bizantina, a via Nomentana, che nel suo complesso contiene anche il proprio importantissimo mausoleo. I siti sono un regno dei mosaici del tempo. E c'è anche una gustosa curiosità: il 12 aprile 1855, in una visita di Pio IX Mastai Ferretti, un crollo provoca 57 feriti, ma il papa è illeso; era l'anniversario del suo ritorno da Gaeta, cinque anni prima: fino al 1870, la doppia ricorrenza viene celebrata con una grande festa, «archi di trionfo e luminarie».

LA BASILICA
Del primitivo edificio, accanto alla tomba di Agnese, resta poco: solo ruderi e parte della massiccia recinzione esterna. Costanza le era devota: un suo miracolo ne sana la lebbra. Ma Onorio I, nel VII secolo, sopra il sepolcro della martire edifica la basilica, lunga 94 metri e larga 40: quasi un cimitero coperto. La restaurano in tanti; ma parte dei caratteri originari sopravvivono. Non il pavimento cosmatesco, sostituito da mattoni nel 1728, e nel 1855, dal marmo voluto da Pio IX. Nel 1749, il cardinale Giuliano della Rovere, poi Giulio II, la dota del campanile. Un tempo, l'edificio era in parte sottoterra; si entrava nel matroneo, e si scendeva al livello della sepoltura: c'è ancora l'originario ingresso, su una parete. Le sei cappelle laterali sono barocche.

I RESTI
Il nartece conserva la lastra marmorea con la dedica di papa Damaso. Basilica a tre navate; ma la decorazione è ottocentesca: cancellato il medioevo. Del Seicento l'altar maggiore. Nell'abside, però, un mosaico del 625: Sant'Agnese vestita come un'imperatrice di Bisanzio; accanto, Onorio, con il modello dell'edificio, e papa Simmaco, che restaura quello costantiniano. Sotto l'altare, i resti di Agnese e della sorella Emerenziana: il reliquiario si può vedere da vicino, grazie a un corridoio del 1950. Sono del Seicento il soffitto a lacunari, e la facciata: merito di un cardinale de' Medici. Il 21 gennaio, si benedicono due agnelli, e dalla loro lana nascono i pallii, che il papa dona ai nuovi arcivescovi. Nel complesso si vedono una torre medievale, quadrata e con i merli: reliquia della fortificazione medievale; e, su tre livelli, le catacombe, divise in quattro parti. L'ultima, scavata nel 1972; e la prima, precedente a Costantino. Ma è forse il mausoleo di Santa Costanza il tesoro più pregiato, d'inizio del IV secolo, creato come tomba dell'imperatore e delle figlie Costanza ed Elena.

IL PRIMATO
La cupola e il tamburo, con 12 finestre, poggiano su altrettante coppie di colonne in granito, romane. L'ambulacro gira all'esterno degli archi, e ha una volta a botte con stupendi mosaici di IV secolo: fiori, frutta, animali, uccelli, e perfino la vendemmia. Entrando, ai lati vi sono Costanza e il marito Annibaliano; e dal lato opposto, una nicchia con la copia del sarcofago di lei: dal 1790, l'originale è ai Musei Vaticani. Coevi i mosaici di altre due nicchie; affermano il primato della Chiesa di Roma: la «Consegna delle chiavi» e «del rotolo della Legge» ai santi Pietro e Paolo. Il luogo, dapprima è trasformato in battistero, e dal 1254 in una vera e propria chiesa. L'ultima curiosità: nel Seicento, era il ritrovo di un gruppo d'artisti fiamminghi, che lo ritenevano un antico tempio di Bacco; vi si riunivano, e ad ogni nuovo adepto della congrega, indicevano una festa, con relativa sbronza collettiva. Proibite da Clemente XI Albani, nel 1720.