La villa per nozze era un luna park

La villa per nozze era un luna park
di Fabio Isman
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Domenica 15 Aprile 2018, 12:49
LA STORIA
È uno straordinario «balcone» sulla città, e ne offre un panorama dei più invidiabili; è teatro prediletto degli eventi importanti, i ricevimenti, i matrimoni; ma un tempo, Villa Miani, sulle pendici di Monte Mario, era qualcosa di assai diverso. Siamo sul rilievo più alto della Capitale: estraneo, ovviamente, ai «sette colli», ed alto 139 metri. Una volta, era piena campagna; ormai, da tempo, non più. E il sito veniva chiamato «I tre casali»: forse quelli degli Strozzi, di cui due si ammirano ancora ai lati della Panoramica che sale da piazzale Clodio, ed il terzo, a via Trionfale, è ora una trattoria. Un edificio compare già in una pianta del 1835. A Roma, si è costruito parecchio: specie poco dopo l'Unità d'Italia; ma in questo caso, si ristruttura soltanto. I Piemontesi erano giunti da tre anni, e nasce Villa Tivoli: forse, per la posizione scoscesa, che ricordava i paesaggi della cittadina laziale. La società proprietaria si chiamava «di Monte Mario»; per qualcuno, era di Francesco Crispignini: fino a due anni prima, per un biennio, era stato il sindaco. Era già dedicata al loisir, ai piaceri del tempo libero: passeggiate, verde e, più o meno, giostre e attrazioni.
PARCO
Doveva infatti essere un parco dei divertimenti. E, per collegarlo al resto della città, assai in anticipo sulle idee dell'attuale sindaca, era stata perfino immaginata non già una funivia, bensì una piccola ferrovia a cremagliera: passando per l'attuale zona del bar Zodiaco, e per piazzale Giardino, avrebbe dovuto attraversare il Tevere, finendo all'allora esistente Porto di Ripetta. Ma non se ne fece niente, pur se, tra i primi «testimonial» in visita, vi fu perfino Giuseppe Garibaldi, ormai senatore, il 25 gennaio 1875: era giunto da appena un giorno nella nuova Capitale. Insomma, le azioni emesse per sviluppare il «Luna park» restano invendute, il progetto non decolla. E tanto meno si sente più parlare della cremagliera. A inizio del Novecento, l'edificio si fa un sanatorio (sui rilievi, l'aria è sempre più invidiabile) con il nome, certo azzeccato, di Bellosguardo: curava i malanni respiratori e regalava un grande panorama.
I METODISTI
Nel 1920, comprano i padri Metodisti: come sede dell'università della Chiesa Episcopale americana, anglicana. Così, l'immobile è ristrutturato ancora una volta. Assume le sembianze attuali per merito dell'ingegnere Arturo Pazzi, tra i più celebri nomi dell'architettura del tempo. Per esempio, suoi l'Albergo Select, dal 1920 sede del Messaggero; il villino Vitale, a via dei Gracchi 291, con un fregio in maiolica di Duilio Cambellotti; i magazzini a via del Tritone 169, intitolati «Old England»; e tanto altro. I Metodisti americani erano proprio di fronte al «Cupolone»: chissà se avevano l'ardire di misurarsi con la chiesa cattolica. Pazzi vi progetta un portico aperto; due avancorpi laterali; e, nel parco, alloggi per il personale e i convittori, una sala da pranzo ed una di lettura: gli «annessi» che ancora esistono.
LA VENDITA
Ma la «sfida» tra le due chiese (e quella americana perfino più alta della cupola di Michelangelo), non poteva durare troppo. Chissà se le infliggono il colpo decisivo i Patti Lateranensi, tra Chiesa e Stato italiano, del 1929. Sta di fatto che, nel 1936, i Metodisti vendono: gli basta di gestire una buona scuola vicina, per le famiglie più «chic». Compra la Società anonima Ville panoramiche, di cui era amministratore il nobile veneziano Luigi Miani. La detiene fino al 1981, e le dà per sempre il cognome. Oggi, ci sono l'edificio principale; un'altra villa e tre minori; un parco con piscina, campi da tennis, laghetto. Ci è vissuta, a suo tempo, anche Claudia Cardinale. Conserva una bella raccolta di ricette da cucina, arazzi e quant'altro. Nei quattro saloni al primo piano, e in quelli al pian terreno, possono cenare oltre 600 persone, e 500 nel patio. Certo non per ricordare che fu Villa Tivoli, spesso, la sera, scoppiano i fuochi d'artificio. 
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