Se il restauro del tempio lo paga l'artista

Se il restauro del tempio lo paga l'artista
di Fabio Isman
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Domenica 11 Marzo 2018, 10:55
La chiesa dei Santi Luca e Martina ai Fori ha una storia unica da raccontare. Intanto, non si chiamava così. Poi, è il frutto di un trasloco, voluto dal papa. Infine, deve l'esistenza a un rifacimento, pagato di tasca propria da un artista che voleva esservi sepolto, e infatti lo è. Era Pietro Berrettini (1596 - 1669), noto come da Cortona, dal nome della sua città: favorito dai Barberini e grande campione del barocco romano, nonché principe dell'Accademia di San Luca, l'antico sodalizio dei pittori fondato da Federico Zuccari nel 1593, ma i cui primi statuti risalgono al 1478. La chiesa di San Luca, in origine, era vicina a Santa Maria Maggiore; però, a Sisto V Peretti necessita spazio, per ampliare la piazza.
Così, nel 1588, destina ai pittori l'antica Santa Martina, creata nel VII secolo da Onorio I, poi decaduta e riconsacrata nel 1256 da Alessandro IV dei Signori di Jenne. Il luogo è dei più invidiabili: tra tre Fori (di Cesare, Augusto e quello Romano). Ma allora, era abbastanza malmesso.
IL RIFACIMENTO
Dal 1592 al 1618, si moltiplicano i progetti degli artisti di San Luca per risistemarlo: Ottavio Mascherino, Federico Zuccari, Giovanni Baglione. I costi sono però troppi, ed il sodalizio non può provvedervi, pur se vende delle antichità trovate nella zona allo scultore Giacomo Della Porta, un allievo di Michelangelo e del Vignola. Così, le prime opere si arrestano a un nuovo pavimento, sopraelevato per poterci seppellire sotto gli accademici. Ma nel 1634, ecco Pietro da Cortona. Inizia a sue spese, ed edifica la cripta a croce greca, in cui riposa per sempre.
Poi, lo aiuta il cardinale Francesco Barberini, un grande mecenate. Infine, scavando si trovano i resti dei martiri: la stessa Martina, con Concordio, Epifanio e Compagno. Tanta è la commozione, si racconta, che lo stesso Urbano VIII Barberini interviene, e garantisce i fondi.
UN CAPOLAVORO
Pietro da Cortona considerava la chiesa figlia diletta. Vi si dedica per tutta la vita; la dota di arredi preziosi; le lascia per testamento una rendita di 6.750 scudi. Lui crea numerosi e importanti opere: a Palazzo Barberini, l'enorme affresco con il Trionfo della Divina Provvidenza, 24 per 14 metri; erige la Villa del Pigneto per i Sacchetti (che ormai non c'è più); la facciata di Santa Maria della Pace e la basilica di Santa Maria in via Lata. Con i seimila scudi del cardinal Francesco, qui nasce l'altare maggiore. Pietro da Cortona non vede però la fine dei mirabili lavori da lui e dal Mascherino progettati: gli interni e la cupola, sotto la direzione di Ciro Ferri, sono decorati fino al 1679; ma già nel 1706 un fulmine danneggia quest'ultima, e servono sostanziali restauri. Accanto, era l'antica sede dell'Accademia: distrutta per realizzare i Fori imperiali, oggi è a Palazzo Carpegna.
GLI INTERNI
Colonne ioniche, stucchi bicolore anche nella cupola (lo ha scoperto Pio Baldi, durante un restauro), a croce greca, ma con quattro absidi, opere anche mirabili: ecco le cifre che rendono il luogo un capolavoro. All'altar maggiore, in copia San Luca dipinge la Madonna: una tela di due metri attribuita a Raffaello il cui originale è ora in Accademia, opera del caravaggesto Antiveduto Gramatica.
Nella cripta, due rilievi di Alessandro Algardi; interessante compendio di marmo e bronzo l'altare di santa Martina; abbondano le sculture, pure di Cosimo Fancelli, e elegantemente convessa è la facciata. Qui sono sepolti parecchi artisti: tra loro, Ottavio Mascherino, Girolamo Rainaldi, il Pomarancio. L'edificio viene isolato ai tempi dell'intervento voluto da Mussolini, e le pareti esterne, con motivi tratti dalla facciata, rifatte da Gustavo Giovannoni. Il tutto forma un esempio tra i più armoniosi del Barocco romano. Così come l'intervento, perfino finanziario, di Pietro da Cortona resta preclaro, al pari del gioco delle colonne e delle lesene nella facciata, o la tenue bicromia della cupola al suo interno. La lapide dell'artista ne riporta perfino il testamento. E la luce è la vera protagonista di questa architettura.
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