L'immenso tempio che divenne cava

L'immenso tempio che divenne cava
di Fabio Isman
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Domenica 8 Luglio 2018, 13:39
LA STORIA
Era il più grande e imponente dell'Urbe, il più importante: è vissuto per circa un millennio nel sito più significativo della città; ma al termine del IV secolo, è abbandonato, e diventa una cava: viene spogliato di tutto, e distrutto. Ne restano, qua e là, tracce maestose; e il ricordo di una storia con mille dettagli suggestivi. Era il tempio di Giove Capitolino, la massima divinità, dedicato anche alle altre due della Triade che proteggeva Roma: Minerva e Giunione. I tre dei stano ancora tutti insieme soltanto in un marmo lunense, esposto a Palestrina, al Museo Lanciani. L'aveva scavato di frodo il re dei tombaroli (definizione del Wall Street Journal) Pietro Casasanta; e il recupero, una restituzione forzata al confine svizzero, è tra i più grandi successi del generale Roberto Conforti, a lungo comandante dei carabinieri dell'arte.

LA COSTRUZIONE
Come contraltare al tempio di Iuppiter Latiaris, a Monte Albano, lo vuole Tarquinio Prisco, il quinto re di Roma: ne edifica un enorme terrapieno sul Campidoglio, di 55 x 60 metri. Ma non fa a tempo a vederlo: viene assassinato. Solo l'ultimo re, Tarquinio il superbo, riprende i lavori. E la dedica del tempio è del primo anno della Repubblica, il 509 a.C.. Tre file di sei colonne di tufo. Un esercito di 24 fusti tuscanici. Il fondo chiuso da un muro. E dentro, in una teca marmorea, conservati i Libri sibillini, pieni di oracoli e, per qualcuno, venduti ai romani dalla Sibilla Cumana. Per arredarlo, l'ultimo Tarquinio convoca da Vulci grandi artisti: anche il mitico Vulca, che crea le statue per le celle.

I RITI
Qui terminavano i cortei trionfali; e, a inizio d'anno, i nuovi consoli entrati in carica, compivano i sacrifici. I tempi portano mutamenti: la quadriga fittile di Giove, in cima al frontone, è sostituita con una di bronzo; i danni dei fulmini: Silla lo fa ricostruire, e la nuova statua di Giove deriva da quella di Zeus ad Olimpia. Gli incendi; e Augusto, poi Tito e Domiziano, restaurano, ricostruiscono, con grande profusione di marmi. Insomma, vogliamo dirlo?, era da sempre il più autentico centro della città. Fino al suo decesso nel Medioevo.

CHE COSA RESTA
La sua imponenza possiamo vederla dopo vari ritrovamenti. Intanto, nei Museo capitolini, nella sala che ospita ora il Marc'Aurelio, sono venuti alla luce l'unico tratto dei suoi muri ancora esistente, con l'impressionante fondazione e il podio, in cappellaccio; sotto, sono affiorate le tracce di un uso precedente, che confermano la destinazione sacra del luogo, fin dalla notte dei tempi; nel Giardino romano del museo, è attestata l'esistenza di un villaggio già del XVII secolo a.C., l'età del Bronzo. Lo scavo, profondo otto metri, delle fondazioni del tempio ha permesso pure di chiarire alcuni particolari edificativi dell'immobile, che può anche essere ricostruito con discreta fedeltà. Alla base di Palazzo Caffarelli, ne sono visibili dei resti, sotto la loggia, in una copertura in vetro: è l'angolo inferiore destro dell'edificio sacro, voluto dai re etruschi, edificato in filari di blocchi di tufo. E se poi vogliamo immaginare, con qualche approssimazione, quale aspetto avessero le statue di Vulca, ci possiamo dirigere al Museo etrusco di Villa Giulia: qui ci sono un Apollo e un Ercole, sempre della bottega dello scultore; erano alla sommità del Santuario di Apollo a Portonaccio, e si tratta di realizzazioni tra le più raffinate dell'epoca (c'erano anche Mercurio e Latona), di grandezza maggiore del vero: pare del medesimo autore della Quadriga che era in cima al tempio capitolino di Giove. Nato per dimostrare già allora l'importanza dell'Urbe, e anche la volontà di potenza di chi la governava. Il luogo sacro non c'è più; ma quanto ne rimane ne spiega la possanza; e gli storici sono concordi nel raccontarci quanto vi avveniva. L'ombelico più autentico del mondo antico; l'esordio di un lungo periodo, fondamentale per la città eterna.

 
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