Sandrone, che voleva fare da grande?
«Mi piaceva sia studiare che fare sport. Ero bravo a baseball, giocavo nella Lazio, dovevo andare al Nettuno. Ma tutto si è fermato. Eravamo quattro figli, dovevo guadagnare».
Ha potuto scegliere che cosa fare?
«Macché! Un fabbro, costretto sulla sedia a rotelle, aveva la bottega vicino a casa. Disse ai miei che mi poteva prendere. E, così, sono andato lì».
Le piaceva?
«La fame ti fa imparare a fare tutto. Giravo ovunque, nei cantieri, nelle aziende. Finché entrai nel gruppo della manutenzione al Policlinico Gemelli».
Come è successo che dalla bottega del fabbro è arrivato al reparto rianimazione?
«Lavorando in ospedale mi sono reso conto che volevo ricominciare a studiare. Desideravo avere un rapporto diretto con i malati. Di giorno montavo porte e finestre, di notte stavo sui libri».
Finché ce l'ha fatta
«Sì, non si può immaginare la mia gioia. Un piccolo riscatto. Ho passato tanti reparti, fino ad arrivare a questo guidato da Massimo Antonelli, direttore dell'Istituto di Anestesia e rianimazione dell'Università Cattolica».
A quel punto ha buttato pinze, martelli e chiodi alle ortiche?
«Ma no. Se sei fabbro, lo resti per tutta la vita!».
Poi, improvvisamente, lo shiatsu?
«Desideravo fare qualcosa per alleviare il dolore a chi i soldi non ce l'ha. Perché so che vuol dire. Lo shiatsu mi sembrava la strada giusta. Ho cominciato a seguire i corsi, di nuovo lo studio, di nuovo gli esami all'Accademia italiana shiatsu do e l'iscrizione all'Apos, l'associazione professionale».
La parrocchia le ha aperto le porte?
«Quella nostra a Primavalle, Santa Maria della Salute. Padre Angelo ha accettato la proposta, ha messo a disposizione uno spazio e, quando posso, tratto coloro che mai e poi mai potrebbero pagare».
Solo anziani?
«Lo shiatsu va bene da zero a novant'anni. È una pratica manuale manipolatoria che stimola, nel ricevente, un processo di autoguarigione. Parliamo di piccole pressioni, nulla di traumatico. Mai, sia chiaro».
Siete sdraiati su tatami, quindi?
«Certo sdraiati a terra tutti e due»
Come è stato accolto lo shiatsu? Scetticismo? Fiducia?
«Gli uomini fanno una grande fatica a lasciarsi toccare. Si bloccano, diventano di marmo e non ce la faccio a lavorare come vorrei. Le donne, invece, una volta capito il trattamento riescono anche a seguire quello che spiego».
Lei spiega l'antica medicina giapponese?
«Per arrivare al benessere devi fidarti, affidarti ma anche capire che cosa sta facendo l'altro. A volte bastano due pollici per togliere il dolore. Tutto qui».
© RIPRODUZIONE RISERVATA