In memoria del pallonaro maggio romano

di Simone Canettieri
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Martedì 15 Maggio 2018, 00:00
Comunque per essere 
maggio non è male 
questo inverno
@Tanya8



Ce n’est qu’un début. Fu il motto del maggio francese ma anche di quello romano. Stagioni che non tornano più: domeniche di sbronze pallonare. «Ora al lavoro per il bis», disse Tommaso Maestrelli. Aggiungendo: «È un anno che penso a questo giorno - è il racconto del Messaggero di allora - e adesso mi fugge via così, senza un attimo di tregua. Sento qualcosa che mi schiaccia: non posso spiegare». Era il 12 maggio ‘74: la Lazio - «in un Olimpico stretto, con i bambini che piangono» - agguantò lo scudetto contro il Foggia. Seguì la festa in una città che proprio quel giorno giocava un altro derby: il referendum sul divorzio. «Alla Montagnola, invece, nei pressi della casa di Odoacre Chierico gli appassionati romanisti hanno simpaticamente chiuso la zona con dei divieti di transito». Questa volta a godere fu l’altra metà del cielo: domenica 15 maggio ‘83, la festa dei giallorossi. Le cronache raccontano di rioni ubriachi, con pentoloni in strada pieni di penne all’arrabbiata. E quando «l’alba ha rischiarato la città ormai vinta dalla stanchezza c’era ancora chi girava, cantando, con la sua bandiera». Eccoci, poi al 14 maggio 2000: «Una roba da far impallidire Nerone, da costringere Commodo a nascondersi per la vergogna». Con questo lirismo, i tifosi della Lazio riempirono il Circo Massimo per continuare quel discorso di Maestrelli. Era il maggio romano: senza alberi collassati sugli autobus (che non esplodevano). E se pioveva c’era anche un governo con cui prendersela.
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