Il new rhythm & blues di Justin Timberlake, il sound elettronico di Cosmo, il piano rock di Matthew Lee

Justin Timberlake
di Fabrizio Zampa
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Martedì 6 Febbraio 2018, 12:21 - Ultimo aggiornamento: 8 Febbraio, 19:33
Justin Timberlake - Man of the woods
 
Americano di Memphis, Tennessee (è la città dov'è Graceland, la leggendaria casa-museo di Elvis Presley), Justin Timberlake, 37 anni, marito dell’attrice Jessica Biel (l’ha sposata cinque anni fa a Borgo Egnazia, provincia di Brindisi, e prima aveva avuto storie con Britney Spears e Cameron Diaz), è il cantautore, musicista e attore che ha dato un nuovo volto al rhythm & blues: l’ha rinfrescato con l’aggiunta di un pizzico di rock, funk, elettronica, country soul, new soul, groove, sintetizzatori e altri ingredienti (dall'hip hop alle orchestre di archi e fiati), ha dimostrato con i suoi album di essere all’altezza della situazione e adesso, 12 anni dopo l’ottimo FutureSex/LoveSounds e quasi cinque dopo il recente The 20/20 Experience e il successivo The 20/20 Experience 2 of 2, arriva un nuovo disco che ha presentato live a Minneapolis durante lo show del Superbowl, la finale del campionato professionistico di football.
Intitolato Man of the Woods, offre ben 16 brani (più di un’ora di musica) incisi con collaboratori come The Neptunes (i produttori Pharrell Williams e Chad Hugo), il rapper Timbaland, il cantautore e chitarrista Chris Stapleton e la vocalist Alicia Keys, e nelle canzoni Justin esplora la sua vita, analizza le emozioni suscitate dal suo amore per il figlio Silas Randall e per la moglie, viaggia nelle avventure vissute nel lungo viaggio personale che da Memphis lo ha portato a girare mezzo mondo. Il titolo del cd, Man of the woods, viene dal brano omonimo brano, saporito di country, il cui video vede Timberlake in mezzo a un tipico paesaggio rurale americano ricco di alberi, tra boschi e ruscelli, con la moglie (alla quale è dedicato il cd) che appare nel finale. «Se dovessi riassumere il disco – dice il cantautore, che vent’anni fa ha mosso i primi passi a Orlando, Florida, sede del Walt Disney World Resort, con la boy band degli N Sync -  direi che il sound è una versione attuale dei tempi di Americana 808, cioè di quando usavo la TR 808, la prima drum machine programmata della Roland». Ci sono chitarre southern e mandolini («Il mio modo di ricordare l’amore per il luogo dal quale vengo») ma anche sintetizzatori e elettronica,in  un bel mix fra tradizione e modernità. E’ un album godibile, piacevolissimo e assai ben fatto, e fra i tanti titoli sono da citare Filthy, Midnight Summer Jam, Wave, Say Something, The Hard Stuff, Young Man. Da marzo Timberlake sarà in tour, ma di date in Italia ancora non si parla.


 
 Cosmo – Cosmotronic
 
«Un frullatore con un motore turbo»: così Cosmo, all’anagrafe Marco Jacopo Bianchi (piemontese di Ivrea, 36 anni, cantautore, musicista e sperimentatore che su Facebook chiama la sua musica «il pop italiano del futuro anteriore»), definisce Turbo, il singolo che ha anticipato il suo terzo album Cosmotronic, disco appena uscito che offre un vero esempio di come la creatività, la fantasia, la voglia di rischiare ma anche un attento uso dell’elettronica e parecchie ottime trovate (la prima è un campionamento di un brano di musica siriana che fa da base e anche da ritmo a Turbo, un’altra è, in Animali,  quello del Coro delle lavandaie della Nuova Compagnia di Canto Popolare) riescano a realizzare un bel prodotto, che conquista anche chi non ama il genere. Diciamo subito che è un doppio cd, che offre 16 brani per un totale di 74 muniti, che pur essendo lungo non stanca mai, e che costituisce un eccellente esempio di come lavorando bene si possano mescolare musica d’autore, synth pop, elettronica, techno e parecchi altri ingredienti in maniera elegante, adatta a qualsiasi genere di pubblico, che funziona perfettamente e ha un sapore fresco, nuovo, differente.
Già frontman dei Drink To Me (rockband torinese) e con altri due ottimi dischi alle spalle, Disordine del 2013 e L'ultima festa del 2016, Cosmo ha cominciato realizzando cover di hit come Gesualdo da Venosa di Franco Battiato o Abbracciala e Io ti venderei di Lucio Battisti) ma in pochi anni ha saputo creare un suo sound personalissimo, originale, pieno di energia, che brilla soprattutto in un panorama musicale dove è normale rubacchiare idee qua e là e nel quale sono tante, troppe, le imitazioni che si sovrappongono senza pietà. Lui è diverso, inventa, è solido, sa bene quello che fa, tra gli ingredienti principali ci sono una certa malinconia e una buona dose di sana ironìa. Il suo è un pop cantato in italiano e tutto da ballare, che potrebbe essere un difetto ma è invece il centro di una musica che cattura anche i più scettici, come noi. Fra i titoli che si susseguono i più interessanti sono Bentornato (che apre il primo cd), Sei la mia città, Tristan Zarra, Ivrea Bangkok, Tu non sei tu, La notte farà il resto, Attraverso lo specchio. Ma tutti i brani sono da scoprire e offrono molte sorprese. Cosmo andrà in tour (sale sul palco da solo, con due batteristi e una serie di visual) e il 6 aprile arriverà a Roma, all’Atlantico Live.




Matthew Lee – Piano Man
 
Un giovane pianista made in Italy pieno di talento e dalla tecnica trascinante, che dal vivo offre show ricchi di ritmo e ha un modo assai personale di suonare sia nei concerto che nei dischi: ecco Mattew Lee, all’anagrafe Matteo Orizi, vocalist e musicista di Pesaro. Ha studiato al Conservatorio Rossini (dal quale è stato radiato perché il suo stile veniva giudicato troppo esuberante), si è avvicinato al rock & roll ascoltando i dischi di Elvis Presley e nel suo percorso ha seguito le orme di Jerry Lee Lewis (americano della Louisiana considerato uno dei padri del rock insieme a Chuck Berry, Bo Diddley, Elvis Presley, Little Richard & compagnia: ha 83 anni ed è sempre vivo e vegeto). Lee dal 2009 ha cominciato a esibirsi anche all’estero (è stato protagonista di cinque serate al Lionel Hampton Jazz Club, storico tempio del jazz parigino, e l’anno seguente ha debuttato negli Stati Uniti al Cincinnati Blues Festival), ha dato più di mille concerti fra Italia, Europa (Olanda, Inghilterra, Germania, Francia, Svizzera, Slovenia, Belgio) e paesi africani, insomma è un musicista con le carte in regola sia dal vivo che nei dischi.
Due anni dopo l’album D’altri tempi adesso arriva con Piano Man, disco nel quale offre un mix insolito di arrangiamenti molto personali di hit internazionali (Lady Gaga, Bruno Mars, Nancy Sinatra, George Harrison, Bobby Darin), brani classici (Gioacchino Rossini e Kurt Weill) e pezzi suoi. Bastano i titoli per capire di che si tratta: c’è di tutto, da Splish Splash di Darin a Just The Way You Are nella versione di Mars, Mack The Knife di Weill, Give Me Love di Harrison, These Boots Are Made For Walking di Nancy Sinatra, fino a Rossini’s Tarantella (ovviamente di Rossini), più sue composizioni come Rock On Classic, Hey Ho, Piano Wizard, La Più Bella Canzone D’amore, Eight Years and Counting, She, La Mia Sofia Loren, Steal a Kiss, Living A Miracle. E’ una sorta di piccola antologia che fruga dovunque, e la sua bravura di pianista e il suo trascinante stile bastano a giustificare ogni perplessità: l’album si ascolta con gusto e offre, nonostante i differenti sapori dei pezzi, una varietà molto ampia di stili. «Fino a poco tempo fa – dice Matthew Lee - non ho mai avuto la possibilità di far sapere quello che facevo e non avevo una cassa di risonanza adeguata. Ci sarebbero stati i talent, ma non era la mia strada, ho preferito fare un giro un po' più largo e faticoso e credo di aver fatto la scelta giusta». Adora la musica degli anni ’60. «Mi piace la musica che va oggi, e credo che essere d’altri tempi non voglia dire rimanere ancorato al passato ma semplicemente recuperare valori importanti, che forse stavamo rischiando di perdere, e rileggerli in una chiave attuale: niente operazione nostalgia, semmai qualcosa che spero possa essere percepito come una novità». Per chi vuol sentirlo dal vivo (e ne vale la pena) il 22 febbraio Lee sarà a Roma, al teatro Cyrano.


 
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