Le Anime Storte di Rondelli, il rock dei Mamavegas, gli immigrati di Giurato

cover album Bobo Rondelli
di Fabrizio Zampa
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Martedì 9 Gennaio 2018, 13:46 - Ultimo aggiornamento: 12 Gennaio, 16:24
Bobo Rondelli – Anime Storte
 
Livornese come il grande e bizzarro Piero Ciampi al quale ha dedicato meno di due anni fa un bell’album, Ciampi ve lo faccio vedere io, e con il quale ha diversi lati del carattere in comune, Bobo Rondelli, cantautore e rocker, è maturo, ha 54 anni ma ne dimostra venti di meno, e nei suoi lavori discografici non guarda in faccia a nessuno: dice forte e chiaro quello che pensa, ha idee molto precise, mette in musica la vita che gli gira intorno e quando lo fa è sincero e colpisce nel segno anche se magari potrebbe diplomaticamente evitarlo. In attesa delle prime uscite del 2018, tutte in arrivo, parliamo del suo ultimo album Anime Perse, che è in giro da un paio di mesi, segue sia il tributo a Ciampi che il precedente Come i carnevali (dedicato nel 2015 al poeta toscano Emanuel Carnevali), è prodotto e arrangiato da Andrea Appino (Zen Circus) e vede anche la collaborazione di Bocephus King e di Francesco Pellegrini (sempre Zen Circus).
Basta sentire il brano che apre il disco, intitolato Soli e dedicato alla malattia degli spesso inutili social network che affligge miliardi di esseri umani, per capire che aria tira: «Fingersi felice con cento "mi piace" e tutti questi amici mai visti nè sentiti…», comincia il pezzo, e finisce con poche desolate parole e una piccola speranza: «Soli, mai più da soli, soli, insieme». In una dozzina di canzoni quasi sempre secche e il cui tema principale è l’amore con tutti i suoi derivati, Rondelli, che ama la frase «la libertà comincia dove c’è l’ironia», di ironia ne ha parecchia e riesce a offrire un viaggio disincantato e appunto libero nella realtà che ci circonda e della quale, con il suo aiuto, possiamo evitare di restare vittime. Bobo è un cantautore che potremmo definire classico, e la sua dote principale è proprio il rimanere collegato con la vita e con i suoi mille problemi. Ascoltate i suoi brani, come Lo storto, Ammalarsi, Dolce imbroglio, Io ricordo di quando l'amavo, L'angelo, e ritroverete il desiderio di ribellarvi alle cazzate che si travestono da dischi e che sono solo battute, ideucce o trovate commerciali da canticchiare per pochi minuti e poi dimenticare subito. 
 



Mamavegas – MMM
 
«Nervoso, elettrico ed eclettico, raffinato e diretto al tempo stesso», o anche «un disco pieno di suggestioni diverse, che provano a far convivere indie rock ed elettronica, ballate folk e psichedelia, con un retrogusto jazz che non disdegna deviazioni new wave»: così, con notevole sincenità e precisione, la band dei Mamavegas, collettivo formato da musicisti romani e della provincia di Salerno, riassume MMM, il nuovo album del gruppo, che di base vive a Roma. E’ il terzo disco della band, che vede tornare, dopo diversi cambi di organico, la vecchia e storica formazione a sei, con i fratelli Francesco e Daniele Petrosino, Emanuele Mancini, Matteo Portelli, Andrea Memeo e Marco Bonini (che ha partecipato alla realizzazione dell’album come co-autore e chitarrista, ma che non farà più parte della band nei prossimi show dal vivo). E a proposito di new wave, è il primo singolo estratto dall’album, intitolato After the Fall, che rimanda direttamente a quell’epoca in cui i Cure provavano a fondere la loro musica con le influenze provenienti dai Caraibi. Il brano è accompagnato da un video surreale e post-moderno, con la regia di Marco Riccardi, che dà alla band un’atmosfera nuova e inedita.
L’artwork del disco è invece ripreso da un’opera dell’artista Andrea Spentriu Rinaldi, una tavola di legno incisa e dipinta, come vedete dalla copertina e come vedrete nei video in arrivo. E i brani, tutti con testi in inglese o giù di lì, viaggiano bene, da Againt You Will a Samba, da Career High a Kitbomb. L’operazione della band, nata nel 2005, di muoversi su un territorio che non ha un indirizzo preciso ma punta su diverse componenti funziona benissimo, come dimostra MMM, e dà eccellenti risusltati. I Mamavegas presentano live il disco la sera del 13 gennaio al Monk Club.




Flavio Giurato - Le Promesse del Mondo

Romano, annata 1949, figlio di un diplomatico, Flavio Giurato scrive canzoni da sempre: il suo primo disco, Per futili motivi,  un concept album che allora si chiamava semplicemente long playing, era del 1978 e narrava la storia di un ragazzo nel periodo del fascismo e dello scoppio della seconda guerra mondiale. Arrivato a 69 anni e con tanto lavoro e tanti successi alle spalle (ha inciso otto album e parecchie colonne sonore, e il suo secondo disco, Il tuffatore, fu quello che nel 1982 gli diede una notevole popolarità e si conquistò una citazione sulla rivista Rolling Stone come uno dei cento dischi più belli di sempre), Giurato ha avuto una vita a dir poco variata: per un lungo periodo, dopo Marco Polo del 1984, anno in cui la sua etichetta gli chiuse il contratto,  ha interrotto la sua attività di cantautore per dedicarsi ai documentari. Ha ripreso solo dopo quindici anni, e da allora, come poi aveva fatto prima, ha continuato a cantare la realtà, i fatti che circondano la nostra vita, con un successo di nicchia ma qualificato e solidissimo.
Adesso Giurato è arrivato al nono album: due anni dopo il precedente La scomparsa di Majorana (ispirato al saggio di Leonardo Sciascia sulla presunta morte, nel 1938, del fisico siciliano Ettore Majorana, era un disco delizioso ma passato inosservato soprattutto dal punto di vista delle vendite),  presenta il nuovo album Le Promesse del Mondo, che affronta un argomento particolarmente importante e attuale come il fenomeno delle migrazioni, che vedono e vedranno spostarsi milioni di persone da e in ogni singolo del paese mondo. E’ un dramma di oggi, un tema al quale è decisamente impossibile sfuggire, esposto al completo di una memoria storica di diverse epoche, e vi suggeriamo di andare al concerto nel quale questo venerdì Flavio lo presenta al Parco della Musica. Giurato le cose le sa raccontare con grande e geniale lucidità, e bastano alcuni titoli delle canzoni (da quello che dà il titolo al disco a L’ipocrisia, Digos, Ponte Salario, I lupi, Agua mineral) a darvi l'idea delle storie e delle atmosfere contenute nell'ottimo lavoro discografico.

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