«Questa scoperta contraddice un po' il comune intuito», commenta Niels Grarup dell'Università di Copenhagen, che ha preso parte alla ricerca. «Ma è importante ricordare - aggiunge - che questo è solo un piccolo pezzo del puzzle che descrive le connessioni tra la dieta e il rischio di obesità e diabete”. A conferma di ciò lo studio ha mostrato che gli effetti secondari correlati con la variazione del gene FGF21 non sono tutti positivi: la stessa mutazione è anche associata ad una pressione sanguigna leggermente più alta, anche se di pochissimo, e ad una maggiore tendenza a concentrare il grasso nella zona addominale.
Le conclusioni dei ricercatori guidati da Timothy Frayling si basano su una grande quantità di dati, comprendenti campioni di sangue, questionari sulle abitudini alimentari e campioni di Dna di più di 450.000 persone, registrate in un grande database britannico, la Biobank. «Siamo certi che i nostri risultati siano accurati», conclude Grarup. «Circa il 20% della popolazione europea presenta questa predisposizione genetica». Le nuove conoscenze saranno importanti soprattutto in relazione allo sviluppo di nuovi farmaci e trattamenti per diabete e obesità.
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