Il Covid è una malattia complicata, dove a fare la differenza nella sua evoluzione è il sistema di difesa immunitaria della persona, anche nelle sue componenti geneticamente determinati. L'ultima conferma arriva da un gene che protegge dalle forme gravi di Covid-19, identificato dai ricercatori dell'università di Glasgow, guidati da Arthur Wickenhagen.
Super happy that our work on OAS1-mediated sensing of SARS-CoV-2 has been published in Science today!
Grateful for all the support and contributions from everybody involved in this paper. A huge collaborative effort that allowed us to unravel this story which makes me very proud. https://t.co/IZcY51CiTk— Arthur Wickenhagen (@virologist_atu) September 28, 2021
Covid, gene attiva l'immunità
Si tratta del gene OAS1, uno degli attori principali del circuito dell'interferone, perché attiva le "forbici" che fanno a pezzi tutti i virus a Rna, tra cui il SarsCov2.
Lo studio
«In questo studio si è visto che chi ha più di queste proteine con il grasso è più resistente all'infezione da Covid, perché attiva meglio le forbici contro il virus. Chi ha la proteina con meno grasso, è invece soggetto a forme più gravi di Covid», prosegue Novelli. Non solo. I ricercatori, attraverso le informazioni raccolte in banche dati sui sequenziamenti genetici, sono andati a vedere a livello statistico dove queste forme di proteine erano più concentrate a livello geografico. «In questo modo hanno visto che in Africa è più frequente statisticamente la forma di proteina con più grasso, mentre in Asia e in Europa quella senza grasso. Potrebbe essere dunque per questo che in questi due continenti le persone sono più suscettibili all'infezione da Covid». La cosa interessante, aggiunge il genetista, è «che i ricercatori hanno visto che il pipistrello ha più proteine senza grasso. Per questo motivo è un vero e proprio serbatoio di questo coronavirus, contro cui ha comunque sviluppato dei meccanismi di tolleranza». Questo studio conferma, conclude Novelli, «l'importanza dei geni del circuito dell'interferone nel Covid. Ora credo sia venuto il momento di monitorare i pazienti con Covid per vedere il loro status di interferone e vedere se hanno degli anticorpi anti-interferone. Tutti elementi che potrebbero aiutare a capire chi sono le persone più resistenti e che non si ammalano di Covid».