Scuola, Speranza: «Controlli medici obbligatori e mascherine sopra i 6 anni»

Speranza: «Controlli medici a scuola»
di Mauro Evangelisti
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Domenica 28 Giugno 2020, 00:54 - Ultimo aggiornamento: 30 Dicembre, 16:25

«Per noi la riapertura delle scuole è fondamentale. Ma in piena sicurezza. Abbiamo fatto un primo passo importante con l’accordo sulle linee guida con Regioni, Province e Comuni, guai a immaginare divisioni su un tema che interessa milioni di famiglie». Roberto Speranza, ministro della Salute, guarda al 14 settembre, alla ripartenza delle scuole, alla sfida al coronavirus fatta di reperimento di nuovi locali per garantire le distanze, ingressi scaglionati ove necessari e mascherine sopra i sei anni («un uso appropriato a seconda del quadro epidemiologico»). I Dipartimenti di prevenzione delle Asl seguiranno gruppi di scuole, ci sarà un controllo medico costante, sul vecchio modello della “medicina scolastica”.

Cosa ci aspetta?
«E’ fondamentale riaprire in sicurezza, e possiamo farlo solo monitorando costantemente il quadro epidemiologico. L’epidemia ci ha colpito molto seriamente, non possiamo dimenticare ciò che è successo a marzo e aprile».

Se l’epidemia dovesse avere un’impennata le scuole potrebbero non riaprire?
«No. Le scuole riapriranno. Sono fiducioso, lavoreremo per garantire da una parte il ritorno alle lezioni, dall’altra la sicurezza. Abbiamo previsto un altro miliardo di euro per la scuola per trasformare questa crisi in una opportunità. Bisogna recuperare ciò che di buono c’era in passato e che si è perso negli anni Novanta: un rapporto sistemico tra le scuole e i dipartimenti di prevenzione delle Asl. Scuola e Sanità devono lavorare insieme».

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Che tipo di misure dovranno aspettarsi le famiglie?
«Sarà garantita, come richiesto dal Comitato tecnico scientifico, la distanza di un metro tra gli studenti. Gli investimenti serviranno per il personale e anche a reperire locali laddove siano insufficienti. Dovremo evitare gli assembramenti anche con ingressi scaglionati se necessario».

Gli alunni dovranno indossare le mascherine?
«Oggi, ricordiamolo, è in vigore un Dpcm che prevede l’uso delle mascherine nei luoghi al chiuso aperti al pubblico. Dai sei anni in su. Due settimane prima dell’inizio delle lezioni valuteremo la situazione con il Cts, studieremo i numeri dell’epidemia. E potremmo pensare anche a provvedimenti differenti da regione a regione».

Farete i tamponi a tutti i dipendenti delle scuole?
«Stiamo lavorando su due idee del Cts: test sierologici al personale prima della riapertura; tamponi molecolari a campione durante l’anno scolastico. Vorrei far passare un messaggio: la scuola è la priorità assoluta, lavoreremo con tutte le energie per la riapertura in sicurezza».

In molti temono una seconda ondata del coronavirus. In Italia il virus circola, con focolai in varie regioni. Dobbiamo spaventarci?
«I focolai ci dicono due cose: che il virus non è scomparso, ma anche che abbiamo nelle regioni un sistema di monitoraggio più rapido ed efficace che ci consente di individuare i problemi. Ora conosciamo meglio il nemico, a febbraio il nostro personale sanitario inevitabilmente non lo conosceva. Ora possiamo combatterlo meglio. Stiamo cercando il virus, anche con i test sierologici, questo ci aiuterà».

Però non siamo riusciti ad azzerare la presenza del virus. E il rispetto delle regole, nei ristoranti, nei pub, nelle piazze, è saltato. Non servirebbero più controlli?
«Gli italiani, contro ogni stereotipo, hanno dimostrato grande maturità e affrontato enormi sacrifici durante il lockdown, così la curva dell’epidemia si è abbassata. Ora è stazionaria, bisogna proseguire con il rispetto delle regole essenziali come il distanziamento, l’utilizzo delle mascherina e l’igiene delle mani. Ma più che in un approccio securitario, io credo in quello della persuasione dei cittadini. Sta passando un messaggio che il virus è vinto, non è così. Faccio un appello a tutti, dobbiamo vincere questa sfida. Per me non lo si fa mettendo un agente delle forze dell’ordine a controllare ciascun cittadino. Nel mondo i numeri sono preoccupanti. Ne abbiamo parlato con i ministri del G7».

Il primo luglio l’Unione europea aprirà i confini anche a chi arriva da nazioni extra Schengen. Un rischio.
«Stiamo registrando tra i 150mila e i 180mila contagiati al giorno nel mondo, non sono mai stati così tanti. L’America Latina ha una situazione gravissima. Non solo il Brasile. Anche paesi come Cile e Perù ci hanno superato come numeri di contagiati, nonostante una popolazione molto inferiore alla nostra. Chi ha puntato sull’immunità di gregge, ha fallito. Le nostre scelte, dolorose, sono state giuste. Le assicuro che non è stato facile, ogni volta, per me o per il Presidente del Consiglio, firmare le ordinanze nei giorni più drammatici. Anche per questo, per noi resta valido il Dpcm che prevede, fino al 15 luglio, quarantena obbligatoria per chi proviene da paesi extra europei».

La Lombardia ha sempre moltissimi casi, anche 100-150 al giorno.
«Ma c’è stato un periodo che ne ha avuti 3mila. Anche la Lombardia sta scendendo».
Torniamo alla seconda ondata. Cosa abbiamo fatto perché in autunno non si ripeta la tragedia negli ospedali?
«Abbiamo stanziato 3,25 miliardi di euro solo nel decreto rilancio. In 5 mesi abbiamo investito più che negli ultimi cinque anni. Stiamo potenziando la sanità di territorio, la prevenzione, ci sono molti più posti di terapia intensiva, in tre mesi abbiamo assunto 28.182 tra medici, infermieri e operatori sanitari. Questa tragedia ci ha dimostrato quanto sia stata sbagliata quella norma che per quindici anni, ha bloccato la spesa sul personale sanitario».

Molte regioni vanno per conto loro, così la sanità non funziona.
«Io con le regioni, in questi mesi, ho collaborato seriamente. Bisogna trovare un punto di equilibrio tra l’ipotesi di neo centralismo anacronistico e un ultra federalismo che romperebbe l’unità nazionale».

Gli italiani avranno il vaccino?
«L’Italia è nel cuore della sfida. Con Germania, Francia e Olanda abbiamo investito sul candidato vaccino più promettente, sviluppato dall’Università di Oxford, con la multinazionale AstraZeneca, che vede protagoniste eccellenze italiane (il vettore virale viene da Pomezia, e l’infialamento avverrà ad Anagni). Sono 400 milioni di dosi, 60 prima della fine del 2020. Se si rivelerà efficace, le prime dosi andranno a personale sanitario, anziani e soggetti fragili. Ovviamente, non c’è ancora certezza del risultato e stiamo valutando anche altri vaccini, con la Commissione europea, che saranno pronti nel 2021. Il vaccino è la vera soluzione a questa pandemia; se arriverà, in tempi che non hanno precedenti per rapidità, gli italiani lo avranno e lo avranno gratuitamente».
 

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