Fake news, triste primato: il 33% delle bufale europee è sulle bacheche italiane

I dati diffusi da Meta: negli ultimi sei mesi rimossi 45mila post. Seconda la Germania. Il ruolo del giornalismo di qualità che non può essere sostituito dai social

Fake news, triste primato: il 33% delle bufale europee è sulle bacheche italiane
di Ruben Razzante
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Mercoledì 27 Settembre 2023, 23:52

Un triste primato che deve far riflettere. I social network italiani sono in cima alla classifica della diffusione di fake news. Lo dicono i report che le piattaforme social forniscono ogni sei mesi alla Commissione europea, in attuazione del Codice di condotta sulla disinformazione che esse si sono impegnate a rispettare e che è stato aggiornato l’ultima volta nel giugno 2022.
Infatti, nel corso del primo semestre di quest’anno, Facebook Italia ha condotto una vera e propria battaglia contro la disinformazione, eliminando più di 45 mila contenuti considerati dannosi per la salute o per la loro interferenza nei processi elettorali e nei censimenti. Questo straordinario sforzo è una risposta crescente alla preoccupazione per gli impatti della disinformazione sulla società e sulla democrazia. Circa il 33% del materiale fake in circolazione su Facebook era dunque concentrato in Italia. Nessuno risulta esposto come gli italiani. Dopo l’Italia l’attività di “pulizia” delle bacheche ha riguardato Germania (oltre 22mila contenuti rimossi), Spagna (16mila) e Paesi Bassi (13mila). Rilevante il primato italiano anche per quanto riguarda TikTok: 1.334.235 account falsi e dunque disattivati, 300mila in più di quelli disabilitati in Spagna e Germania. È il numero più alto di tutta Europa. Questi account non collegati a persone realmente esistenti o riconducibili a persone registrate sotto mentite spoglie in Italia catturavano 6.912.989 follower, vale a dire utenti esposti a quei contenuti di disinformazione pericolosamente veicolati. 

Il report

Questi dati sono stati diffusi dopo la prima pubblicazione semestrale dei rapporti delle grandi piattaforme online (Google, Meta, Microsoft, TikTok), documenti con i quali esse hanno dimostrato il loro impegno per ridurre la diffusione della disinformazione.
Anche X, l’ex Twitter di Elon Musk, pur non essendo tra i firmatari del Codice Ue di buone pratiche sulla disinformazione, è assoggettato a vincoli precisi per quanto riguarda la rimozione di contenuti, secondo ciò che prevede la nuova regolamentazione del Digital Services Act, che dal 25 agosto si applica a tutti i giganti della Rete e dal prossimo febbraio conoscerà una applicazione generalizzata al mondo del web e dei social. Dunque oggi esiste una legge europea sui servizi digitali e la Commissione europea ha un’unità ben attrezzata che monitora e supervisiona ciò che fanno le piattaforme.
I prossimi report, attesi per l’inizio del 2024, verteranno anche sull’informazione politica, visto che si avvicinano le elezioni europee e il rischio di manipolazione delle opinioni attraverso la diffusione di false notizie è destinato a crescere a dismisura. Già nel settembre 2018 le piattaforme digitali avevano per la prima volta sottoscritto il Codice di condotta per combattere la disinformazione online, uno strumento che aveva l’obiettivo di evitare quanto più possibile l’influenza delle fake news sul voto europeo del 2019. Le elezioni del 2024 saranno in questo senso un altro banco di prova, anche per l’avvento dell’intelligenza artificiale che, semplificando la generazione di immagini false, aumenta l’apprensione riguardo all’incremento della disinformazione nelle prossime campagne elettorali. Tale preoccupazione è così significativa che Google sta pianificando l’introduzione di requisiti per gli annunci politici sulle sue piattaforme, richiedendo la chiara indicazione quando immagini, audio o testi sono stati generati tramite l’uso dell’intelligenza artificiale.
In tale preoccupante contesto, l’importanza di valorizzare l’informazione di qualità rendendola sempre più facilmente riconoscibile e accessibile in Rete chiama in causa gli sforzi dei produttori di news come i giornalisti, affinchè siano sempre più scrupolosamente rispettosi della loro deontologia professionale, e l’impegno delle piattaforme web e social affinchè collaborino fattivamente e costantemente nelle azioni di contrasto alle fake news.

L’informazione

Le notizie giornalistiche, quelle attentamente verificate, sono un bene per la democrazia ma rischiano di restare sepolte nello spazio digitale sotto una coltre soffocante di false informazioni che proliferano in maniera indiscriminata per mancanza di controlli. Ecco perché i social media non possono in alcun modo sostituire il giornalismo di qualità, anzi spesso diventano terreno fertile per la divulgazione di contenuti errati e fuorvianti, peraltro alimentati da clickbait e sensazionalismo. 
Le redazioni giornalistiche impiegano giornalisti professionisti che seguono procedure di verifica delle fonti.

Le notizie prodotte dai media tradizionali sono sottoposte a un processo editoriale che garantisce un alto grado di accuratezza. È altresì essenziale che le persone esercitino un discernimento critico quando consumano informazioni online e si affidino a fonti attendibili per rimanere informati. La verità è un bene prezioso, e la sua ricerca richiede un impegno costante nel superare la barriera della disinformazione digitale. 

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