Squali nel Mediterraneo, ecco perché non c'è da avere paura

Foto Remo Sabatini
di Remo Sabatini
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Domenica 8 Luglio 2018, 12:05 - Ultimo aggiornamento: 10 Luglio, 16:29
Come ogni estate, si susseguono gli avvistamenti di squali e squaletti nel Mediterraneo e cresce la paura. Ma è una paura giustificata? Da sempre, il Mare Nostrum ospita una grande varietà di squali. Dagli innocui palombi che, spesso finiscono in padella per la preparazione di tradizionali zuppe di pesce e brodetti marchigiani, allo squalo azzurro, meglio noto come verdesca, che si cuoce in trance sulla brace. Così come il più temuto Mako, talvolta spacciato per pesce spada nei mercati rionali poco controllati. A loro agio in mare, più che in padella, le specie di squali di casa nostra, oltre a quelle già citate, contano il gigantesco (può misurare oltre 8 metri) seppur raro e innocuo, squalo elefante, alcuni squali martello ed il protagonista di film e filmetti che popolano gli incubi di vacanzieri e bagnanti, il grande squalo bianco.

Presente da sempre nel Mediterraneo, a caccia di tonni e di foche monache, lo squalo bianco, prima dell’avvento della pellicola, era già stato protagonista di uno dei racconti più letti e tradotti al mondo, scritto da Carlo Lorenzini, detto Collodi, un paio di secoli fa. Le Avventure di Pinocchio, infatti, ad un certo punto della storia, narrano di un pescecane che inghiotte Geppetto, una barca ed il burattino stesso. Quello era il nome, tutto italiano, con il quale lo squalo bianco era conosciuto nel Bel Paese. Tanto che, qualche decennio dopo, l’Enciclopedia Italiana, alla voce pescecane, appunto, recitava: “..pesce comune nel Mediterraneo, soprattutto in Adriatico”.

Anche e soprattutto per questo, non deve stupirci, oggi, la presenza di qualche squalo sopravvissuto alle innumerevoli (spesso deleterie) attività umane. La pesca industriale e non sostenibile così come la caccia indiscriminata adottata da alcuni Paesi nordafricani, fino al fenomeno dello shark finning, per non parlare dell’inquinamento epocale che ha colpito anche il nostro mare, stanno decimando animali comparsi sulla Terra ben prima dei dinosauri. Gli squali, all’apice della catena alimentare marina sono indispensabili per la vita stessa di mari e oceani che, non dovremmo mai dimenticarlo, è anche la nostra, visto che la maggior parte dell’ossigeno che respiriamo arriva proprio da lì.

E allora, se un paio di squaletti solcano le onde del Salento o un grande squalo bianco viene fotografato tra Ibiza e Majorca, non c’è molto da preoccuparsi. I dati e le statistiche parlano chiaro. E’ più facile essere colpiti da un fulmine che rimanere vittima di un attacco di squalo. Certo, in caso di fortuiti (o fortunati) incontri con il re dei mari, la prudenza è sempre necessaria. Alcune specie, come lo squalo bianco, sono assai curiose e potenzialmente pericolose. Mai, tuttavia, quanto lo sono le noci di cocco, però. Per quanto incredibile possa sembrare, sono decine e decine, se non centinaia, le vittime rimaste uccise dalla caduta di noci di cocco dagli alberi, a fronte di 7 casi mortali dovuti agli squali e registrati al mondo, in media, ogni anno. A nessuno, però, è mai venuto in mente di farci un film, con quelle noci. Che so, “Il Cocco”, “La noce che uccide”. Niente da fare. Non funzionerebbe. Poco credibile. Meglio immaginare squali assassini che arrivano dal cielo.

(foto di Remo Sabatini) 
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