Prezzi record per il tartufo bianco d’Alba: 6mila euro al chilo, ma la qualità è straordinaria

Prezzi record per il tartufo bianco d’Alba: 6mila euro al chilo, ma la qualità è straordinaria
di Alessandra Iannello
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Domenica 3 Dicembre 2017, 21:46 - Ultimo aggiornamento: 4 Dicembre, 18:01
Gli esperti lo avevano previsto: il tartufo bianco d’Alba quest’anno è carissimo ma, per consolare il portafoglio, buono come non mai.
«Non era mai successo a memoria d’uomo – spiega il direttore dell’Ente Turismo e Manifestazioni di Alba, Mauro Carbone – che in provincia di Cuneo si verificasse un ottobre senza pioggia. Basti dire che da gennaio a settembre si è registrato un calo del 73% delle precipitazioni che ha significato una produzione ridotta a un quarto del normale. Fortunatamente i primi giorni di novembre ha piovuto e quindi la stagione si è un po’ risollevata. Così possiamo chiudere l’87esima edizione della fiera internazionale del tartufo bianco d’Alba con dei pezzi molto belli ma con prezzi raddoppiati rispetto agli altri anni».

E infatti il costo all’etto ha raggiunto in prima battuta alla prima domenica di ottobre i 450 euro (200 euro in più rispetto alla stessa giornata d’asta dello scorso anno) mentre a fine novembre, quando si sono chiuse le contrattazioni, il prezzo aveva raggiunto i 600 euro l’etto (quasi il doppio del 2016 quando si era attestato a 350 euro). «Fino a ottobre – continua Carbone – la pezzatura era molto piccola e non arrivava ai 20 grammi a pezzo. Dopo le piogge la situazione si è normalizzata e il peso adesso arriva ai 100 grammi. Certo non avremo i tartufi record di altri anni ma siamo soddisfatti». E questa è una buona notizia per i buongustai perché l’intensità del gusto del tartufo è inversamente proporzionale al suo peso. Questo perché il fungo inizia a sprigionare il suo profumo quando è totalmente maturo per richiamare gli animali che, mangiandolo, diffondono le sue spore. Quindi, quando il tartufo è molto grosso non matura contemporaneamente in tutte le sue parti e di conseguenza è meno profumato.
 
 


Al di là della mancanza di piogge altri motivi hanno influito sulla scarsità di tartufi. «L’uomo – accusa il trifulau Carlo Olivero mentre sprona la cagnolina Stella alla ricerca – sta distruggendo l’habitat del tartufo. Purtroppo questo fungo non si può coltivare in campi o serre e quindi lo si trova solo in natura. Vive attaccato alle radici di pioppi, querce, salici, tigli , carpini e noccioli ma solo quando questi crescono in determinate condizioni di terreno, umidità, insolazione e così via.

A tutt’oggi, e nonostante gli studi che si sono svolti in tutto il mondo, non si è riusciti a capire quali siano le condizioni ottimali per lo sviluppo del fungo e quindi è impossibile replicarle in cattività. L’antropizzazione del territorio e l’abbandono delle aree marginali ha portato, dagli anni 70-80 a oggi, un calo dell’80% della produzione di tartufi». Ad Alba è attivo il Centro Nazionale Studi del Tartufo che porta avanti attività di tutela dell’ambiente a vocazione tartufigena. L’impegno del Centro si sviluppa su due fronti: da un lato si studiano le cause del netto calo di produzione di tartufi mentre dall’altro si sperimentano tecniche di coltivazione del terreno capaci di aumentare la produzione. Inoltre, con gli enti locali, sta predisponendo un piano per la salvaguardia ambientale delle zone tartufigene da inserire anche in percorsi turistici.




Re della tavola il tartufo è, in questo periodo, il protagonista delle cucine degli chef in tutto il mondo. Una ricerca dell’università degli studi di scienze gastronomiche di Pollenzo sui 150 ristoranti più omaggiati in tutto il mondo ha rilevato come in tutti i menù fosse presente almeno una proposta con il tartufo bianco d’Alba. Ma è nel territorio che si assiste alle più elevate interpretazioni. Come accade al ristorante stellato 21.9 dello chef Flavio Costa. Qui si celebra l’apoteosi del tartufo dall’antipasto al dolce in piatti che sono il matrimonio perfetto del fungo con altre eccellenze locali. Come accade nei cappelletti con ripieno di patate su crema di nocciole delle Langhe o nelle pere Madernassa (presidio Slow Food originario del Roero) cotte nella Barbera accompagnata da sorbetto al rosmarino, il tutto ricoperto da scaglie profumatissime di tartufo bianco d’Alba.