Nel bel film di Martone, “Il giovane favoloso”, Paolina, che ha il volto di Isabella Ragonese, è un po’ in ombra, sacrificata nel teatrino familiare di casa Leopardi. Ora la racconta assai bene Loretta Marcon (“Paolina Leopardi” Ritratto e carteggi di una sorella”, Osanna Edizioni) che mette a fuoco la sua “vita di carta”, chiusa da sbarre d’affetto e paure retrive, tra attese e sospiri, tra straziante solitudine e dedizione familiare.
Scorrono i fotogrammi dell’esistenza della “cara Pilla”, la sua “melanconia indefinibile”, gli inutili tentativi di procurarsi un marito, i suoi sereni ultimi giorni pisani; e con essi il ritratto di una donna, con le sue intense letture, le collaborazioni intelligenti, le traduzioni importanti, che deve ricorrere a un sotterfugio per leggere le lettere della sua più cara amica cantante lirica, il cui nome cerca sempre nelle cronache teatrali.
Loretta Marcon, che è studiosa assai attenta di Leopardi e ha anche scritto sulla terribile madre Adelaide e su una sua importante lettera inedita, rivela un aspetto particolarmente interessante e innovativo della “cara Paolina che tutti amiamo perché è tutta di tutti”, come la chiamava il padre Monaldo. Cioè il suo “femminismo”: “Non ci è permesso di lamentarci apertamente e di accusare gli uomini di iniquità, perché essi hanno il diritto di far tutto”. Ed esprime il rammarico perché di lei, della “sorella di…”, restano ancora negli archivi familiari, non consultabili, gli zibaldoni gli elenchi di lettura, il memoriale.
Tutti documenti che potrebbero senz’altro illuminare meglio la sua “esistenza di carta”, di sorella amatissima e di figlia reclusa (“leggere e sempre leggere, ecco la mia vita di tutti i dì”).
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