Mourinho: «Alla Roma non potevo fare l'allenatore. Giallorossi senza storia, orgoglioso delle finali europee»

Il tecnico portoghese: «Non c'è una struttura definita. Io volevo fare solo il tecnico in campo e in allenamento»

Mourinho: «Alla Roma non potevo fare l'allenatore. Finali europee in giallorosso? Orgoglioso, non hanno una storia»
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Martedì 26 Marzo 2024, 17:09 - Ultimo aggiornamento: 28 Marzo, 16:34

José Mourinho tra futuro, Arabia Saudita e anche Roma. Il tecnico portoghese è tornato a parlare dei giallorossi dopo l'esonero in occasione dellavvicinamento dell'Europeo 2024. Lo Special One ha parlato sul canale Youtube di Fabrizio Romano per Topps, il gioco di carte ufficiale della manifestazione calcistica. Al giornalista italiano, Mourinho ha parlato del suo passato in giallorosso, degli obiettivi raggiunti nella Capitale come le due finali europee, ma anche dell'Arabia Saudita e del Portogallo che lo ha cercato.

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Vedo che sei carico per tornare. Cosa provi per il tuo futuro?
«La tua sensazione è giusta, sono pronto a ricominciare.

A volte quando finisci in un club hai bisogno di riposare, pensare e processare le cose. In questo caso, il giorno dopo che me ne sono andato ero già pronto. Mi sento forte e sto bene. Amo il mio lavoro e sono veramente pronto, ma non voglio fare la scelta sbagliata. Non posso accettare qualcosa solo perché ho voglia di tornare. Devo essere paziente perché siamo a marzo. È difficile che qualcosa succeda tra marzo e aprile. Il mio obiettivo è cominciare la prossima estate».

Sei l'unico che ha raggiunto due finali europee consecutive in due anni. Come ti senti?
«La prima sensazione è che sembra non sia successo nulla perché la gente perché parla di me sembra sia più concentrata sul passato. Ed è vero con molti allenatori in Europa che normalmente allenano le migliori squadre con più possibilità di arrivare in finale. Negli ultimi anni ho fatto tre finali, una col Manchester United e due con la Roma e se ci concentriamo solo sugli ultimi due anni, io sono l'unico con due finali europee. Guardo indietro con un po' di divertimento, ma anche orgoglio perché guardando indietro realizzi che è speciale ottenere questi risultati con una squadra senza storia e senza storia in Europa. In questa stagione non giocherò una finale europea, ma spero che il prossimo anno possa dire che negli ultimi quattro anni ho giocato quattro finali».

Cosa provi quando vedi tutti i tifosi che continuano a volerti bene dopo tutto questo tempo?
«Io ho sempre detto che la cosa migliore del calcio sono i tifosi. Perchè questi non guadagnano col calcio, ma spendono soldi, a volte spendono somme che la famiglia necessita e fanno sacrifici per la loro passione. Io ho avuto la fortuna di avere sempre qualcosa da celebrare per lasciare un buon ricordo ai tifosi.Penso che quando vedono che sei devoto a loro, e io lo sono sempre verso i miei tifosi indipendentemente dalla squadra e dalla nazione, hanno la sensazione che io abbia dato tutto. A causa della mia personalità, alla fine sono sempre qualcosa di più di un tifoso. In alcune squadre devi essere un allenatore, poi il direttore tecnico, il direttore della comunicazione, poi devi essere l'immagine che difende la squadra e infine i giocatori. Questo è qualcosa che la gente realizza. Allo stesso tempo, però, è qualcosa che l'allenatore non ama perché io come tecnico voglio solo allenare. Lo scenario ideale è quando una squadra ha una struttura per permettere al tecnico di essere l'allenatore in campo, in allenamento, negli spogliatoi: di fare l'allenatore. Ero allenatore all'Inter, al Real Madrid, la mia prima volta al Chelsea e al Porto. In altri club non ero l'allenatore ed è stato difficile. Penso che i tifosi notino che appena arrivo in un club indosso la loro maglia e lotto per loro».

Cosa provi verso il Portogallo e verso il calcio arabo?
«Con il Portogallo ho avuto la porta aperta due volte, mi hanno chiesto di andare. Una volta quando ero al Real Madrid e l'obiettivo era diventare il ct part time. Ho realizzato non fosse realizzabile quando Florentino Perez mi ha detto che non era possibile accettarlo. Mi sono pentito di aver rifiutato la Nazionale anche la seconda volta con la Roma, nonostante qualche mese dopo sia stato esonerato? No, non mi pento di non aver accettato perché avevo una ragione di cui essere contento. Non mi pento di voler allenare una Nazionale in futuro, è un obiettivo, ma se me lo chiedi in futuro. Non sono sicuro sarei stato felice in passato. Se me lo avessero chiesto prima dell'Europeo, del Mondiale, della Coppa d'Africa o d'America dico di sì. Ma due anni ad aspettare queste comptiizioni per lavorare, non lo so. Forse se avessi accettato poi un giorno non sarei stato più sicuro. Arabia Saudita? Cristiano ha aperto la porta per far credere alla gente che è bello essere lì, lavorare lì e godere dello sviluppo di una nazione che vuole essere differente in termini calcistici anche se non c'è una passione vera e propria. Lui ha aperto la porta. Quando ho avuto la proposta era di sicuro importante in termini economici, ma ho rifiutato perché per me erano più importanti la Roma, il calcio europeo, gli obiettivi e l'impegno. Se mi chiedi del futuro, l'esperienza mi ha insegnato a non dire mai. Se mi chiedi perché vado in Arabia in questi giorni è per godere del calcio, della Formula 1, del pugilato e per stare con qualche amico, non perché firmerò per qualche club perché ora il tempo per decidere cosa fare».

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