ROMA Come al solito, la differenza l'ha fatta lui, José Mourinho da Setubal. È bastato un gesto, a margine di Roma-Spezia, con i due indici a indicare il manto erboso e a ribadire «Io resto qui», per iniziare quella che ad oggi è una rincorsa tanto esaltante quanto quella ultima che ha portato a Budapest. In appena 16 giorni (chiusura nel pomeriggio) la Roma ha collezionato quasi 40mila abbonati (alla soglia mancano più o meno 500 tessere). Che si avvicinano a quota cinquantamila aggiungendo gli oltre 8 mila che hanno già acquistato il lascia passare per le coppe (tre gare di Europa League e una di Coppa Italia) dal 14 giugno (in questo caso la vendita terminerà ad agosto). Un amore senza fine che si sposa ad un ritrovato senso di appartenenza (non a caso il claim della campagna è «Io sono la Roma»), ad un entusiasmo dilagante che si abbina alla convinzione di poter vincere, ad un inizio sprint sul mercato con gli arrivi dei parametri zero Ndicka e Aouar e ad una politica dei prezzi che, in un periodo come quello che stiamo vivendo, non va sottovalutata. La Roma, infatti, al di là di quelle che dovrebbero essere le logiche di mercato per uno stadio che è stato 36 volte sold out in stagione (non consecutivamente), ha proseguito in una politica dei prezzi calmierati lodevole. Prezzi invariati per le Curve e i distinti, con i rincari in alcune tribune, di appena 3,50 a partita. La risposta non si è fatta attendere. Un'euforia contagiosa che tuttavia non porterà al record di tessere. Quello della stagione 2002-03 (48.213) rimane inavvicinabile. Anche per scelta. La decisione di chiudere oggi regala comunque al club la possibilità di gestire i restanti 23-24 mila biglietti in modo diverso. A Trigoria si augurano che la vendita dei settori Premium (posti ad un prezzo più alto rispetto a quelli popolari e delle tribune che rimarrà aperta) possa permettere di toccare quota 40mila. Più per fare cifra tonda che altro. Il club è già soddisfatto così.
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