TRENT’ANNI FA
La proposta dell’Hertha era sfidarsi sabato 9 novembre, a 30 anni esatti dalla caduta di quel Muro scavalcato da un segno, di pace, dettato anche dall’odio verso il club «di regime», l’ora decaduta Dynamo. Il gelo dell’Union («Giornata troppo storica per giocare a calcio») racconta che assieme al Muro scoloriscono cartoline come la stretta di mano fra i due capitani Seier (Union) e Greiser (Hertha) nella «partita della riunificazione» del gennaio ‘90 all’Olympiastadion. Ci s’incontrava sul rettangolo verde dopo 28 anni di separazione: finiva un’era e con essa una simpatia. Lo dimostra l’aceto durante gli incroci in B nel 2010 e 2013. Ecco perché la capitale che ritrova un derby ai piani alti a 43 anni dall’ultimo (‘76/’77, Hertha vs Tennis Borussia) guarda all’Union, 15° posto, e all’Hertha, 11°, come a una rivalità da prendere coi guanti.
I DUE LATI
Fondata nel 1906, l’Union è operaia dentro. Al netto degli acuti anni Venti, solo serie minori e qualche crac sfiorato: del fu Est, dove il pallone era roba dilettantistica, la quinta reduce in Bundesliga dopo Hansa Rostock, Dynamo Dresda, Lokomotive Lipsia, Energie Cottbus. Capitoli stile Ken Loach: il milione e mezzo di euro raccolto dai tifosi donando il sangue per l’iscrizione 2004 e i 300 giorni di manovalanza volontaria con cui i tifosi stessi (tra cui molti carpentieri) salvavano la Vecchia Foresteria dalla rovina tra 2007 e 2009. L’Hertha? Soprannominata «La Vecchia Signora», nata nel 1892, zona occidentale (Charlottenburg). L’etichetta: prima squadra della città. Ultimo trofeo, la Coppa di Lega 2003: negli ultimi dieci anni due retrocessioni, massimo un 6° posto. La residenza, quell’Olympiastadion da 74mila posti teatro dell’Italia mundial 2006, dista 30 km dalla tana dell’Union. In mezzo, due idee di calcio. E di Berlino.
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