Amelia, lettere per Barbara Corvi. Questo mese scrive Doriana Righini di Arci Catanzaro

Amelia, lettere per Barbara Corvi. Questo mese scrive Doriana Righini di Arci Catanzaro
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Giovedì 28 Dicembre 2023, 08:15

AMELIA Nuova tappa del percorso "Lettere per Barbara Corvi", la giovane amerina scomparsa nel nulla il 27 ottobre 2009. Un progetto nato a giugno 2022 all'interno dell’osservatorio regionale sulle infiltrazioni e l’illegalità della regione Umbria e che, nonostante l'archiviazione del caso lo scorso 13 luglio, non si è mai fermato. Una lettera ogni 27 del mese, scritta da persone appartenenti alla società civile impegnate nella ricerca della verità e pubblicata sulle testate giornalistiche umbre e calabresi. L’obiettivo generale della proposta è rendere la memoria di Barbara Corvi una prassi condivisa coinvolgendo persone e associazioni nel territorio umbro e non solo. Da Irene Corvi, sorella di Barbara, alla sindaca di Amelia Laura Pernazza, a Vincenzo Chindamo, fratello di Maria Chindamo l'imprenditrice scomparsa nel 2016 e mai ritrovata. «Si intende  - spiegano dall'osservatorio - così favorire la consapevolezza pubblica e la conoscenza sulla storia di Barbara Corvi affiancando la famiglia Corvi, le associazioni e la società civile rivolgendo insistentemente la domanda "dov’è Barbara?"».

Per il mese di dicembre  la lettera è stata scritta da Doriana Righini, Arci Catanzaro

Di seguito il testo: 

Cara Barbara,

nel periodo in cui ho vissuto a Roma, avevo come mentore un geniale e anziano professore di Protostoria che un giorno, sorridendo di sghembo, mi inquadrò dicendomi “Lei è una che ritorna sempre sul luogo del delitto!”. Con ciò, voleva intendere che ho il temperamento di una testarda, di una che riesamina e riprende il lavoro proprio o altrui fino a che non ritiene che sia stato tentato tutto il possibile per renderlo soddisfacente.

Il professore, nonostante fosse diventato quasi cieco, ci aveva visto benissimo.

Infatti, poco tempo dopo, tornai a vivere in Calabria in una città non lontana dal luogo in cui è nata e cresciuta Lea Garofalo, la testimone di giustizia fatta prelevare a Milano e uccisa brutalmente dall’ex compagno ‘ndranghetista, neanche due mesi dacché tu eri stata fatta sparire da Amelia. I resti di Lea, però, assieme alla verità sulla sua morte sono stati restituiti in tempi relativamente brevi a chi l’ha amata e al Paese, che ha partecipato con commozione e dolore a ciò che è emerso della sua vita di donna e dei suoi tentativi di sottrarre sé stessa, ma forse soprattutto la figlia Denise, alle dinamiche di potere e alla cultura violenta e misogina della ‘ndrangheta.

Dei tuoi resti, invece, nessuna traccia ancora. Ogni ipotesi pare non aver mai ricevuto in riscontro prove o elementi ritenuti sufficienti, inclusa la ricostruzione secondo la quale saresti stata portata con la forza in Calabria, uccisa e il tuo corpo seppellito in una zona impervia e inaccessibile.

Secondo notizie di questi giorni a Seminara, un paese delimitato da una parte dall’Aspromonte, i familiari di una giovane donna vittima di stupro di gruppo, da parte di soggetti legati ad esponenti di spicco di cosche della ‘ndrangheta, avrebbero invitato la ragazza a suicidarsi e avrebbero tentato di sottoporla ad una visita psichiatrica pur di rendere inattendibili eventuali sue dichiarazioni in fase di denuncia. Leggo questa storia e il mio pensiero fugge subito a Rita di Giovane, a Tita Buccafusca, ad Angela Costantino, a Maria Concetta Cacciola, ad altre sdisonorate le cui vite sono state spezzate in vario modo ma a causa di una radice comune.

 Onore e vendetta, due delle parole d’ordine del patriarcato mafioso che con i suoi codici culturali è ben lungi dall’essere radicato esclusivamente in Calabria ma che infetta, in maniera ormai strutturale, contesti che si collocano geograficamente anche fuori dai confini nazionali. Ho iniziato a capire ciò fin da piccola sbirciando nei libri e nei saggi di Renate Siebert, che mia madre custodiva sui suoi scaffali come tesori preziosi e ritrovo sviluppato oggi, ciò che ho imparato, negli studi  importanti di Sabrina Garofalo. Passando per le parole e le vite di altre donne, come in una staffetta, come in uno scambio di conoscenze, di saperi e di riconoscimento che disegnano una genealogia di madri, figlie e sorelle, di carne o d’elezione, capace di ridisegnare la storia costruendo spazi di libertà.

Proprio per questo, Barbara cara, e non solo per il mio temperamento di calabrese testarda che mi porta a ritenere che non sia stato fatto ancora tutto il possibile, non rinuncerò mai a chiedere verità e giustizia per te, per chi ti ha amata e per tutte noi.

Doriana Righini

Arci Catanzaro

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