Alla COP28 anche il Papa scommette sul clima, l'energia pulita e sulla pace tra arabi e israeliani

Il cambiamento climatico può salvare gli sforzi sulla normalizzazione arabo-israeliana?

Alla COP28 anche il Papa scommette sul clima, l'energia pulita e sulla pace tra arabi e israeliani
di Franca Giansoldati
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Martedì 7 Novembre 2023, 19:12

Mentre le bombe cadono a Gaza, gli occhi della diplomazia sono già puntati sulla Cop28, la conferenza internazionale sul clima che si terrà ad Abu Dhabi alla fine del mese e alla quale parteciperanno anche Papa Francesco e il Re Carlo III d'Inghilterra. Un appuntamento mondiale preceduto, in questi giorni negli Emirati dal summit dei leader religiosi impegnati sul fronte climatico. Il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano ai media vaticani che ha preso parte ai colloqui ha spiegato che l'implicazione delle fedi non è casuale, visto che la lotta al climate-change include anche una «dimensione etica e morale non eludibile». Non si tratta però solo di proteggere il pianeta dal tasso di anidride carbonica nell'atmosfera, ma di salvare le moribonde regole del multilateralismo.

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Nel frattempo, un po' ovunque, si comincia a riflettere su come l'imminente Cop28 potrà effettivamente incidere sugli sforzi per trovare risposte alla crisi mediorientale. Sul Jerusalem Post proprio in questi giorni è stato pubblicato un editoriale contenente una domanda di grande peso: il cambiamento climatico può salvare gli sforzi sulla normalizzazione arabo-israeliana? Il riferimento implicito riguardava gli accordi di Abramo, momentaneamente congelati dall'Arabia Saudita e da parte del mondo arabo, a causa della guerra a Gaza. L'autorevole quotidiano sosteneva che riconoscere i reciproci vantaggi economici e strategici conseguenti alla cooperazione sull'energia pulita «potrebbe effettivamente aiutare a stimolare la normalizzazione arabo-israeliana».

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Le sfide geopolitiche che si stanno incrociando ad Abu Dhabi appaiono molteplici.

Del resto «i potenziali benefici finanziari segnalati per i paesi firmatari sono astronomici»: si stima che ci siano in ballo 70 miliardi di dollari. Nel caso dei firmatari arabi questo garantirebbe una crescita per il Pil nei paesi arabi dello 0,8%. Lo stesso studio prevede poi 1 trilione di dollari in un decennio se l'accordo si allargherà a 10 nazioni. I paesi con cui Israele ha normalizzato le relazioni nel contesto degli accordi di Abramo includono una serie di mastodontici progetti pionieristici solari, eolici e di stoccaggio in Arabia Saudita, Bahrain, Oman, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Marocco ed Egitto.

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Inoltre, proprio quest'estate, Israeli Solar Edge ha formato una rara joint venture con una società privata saudita Ajlan & Bros Holding, uno dei più grandi conglomerati del settore privato nella regione del Medio Oriente e del Nord Africa, per sviluppare infrastrutture di energia rinnovabile nel Regno degli Al Saud. 

L'agenda politica promossa dalla presidenza emiratina della Cop28 è ambiziosa. Da tempo questo paese,pur essendo uno dei maggiori produttori di petrolio, investe molto sulla transizione energetica e punta sulla produzione del solare. Di conseguenza accelerare la cooperazione dell'energia pulita «potrebbe stimolare il tipo di comprensione regionale che non solo è alla base di un nuovo accordo sul clima, ma aiuterebbe a stimolare la normalizzazione arabo-israeliana contro ogni previsione» mette ancora in evidenza in Jerusalem Post.

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Papa Francesco sarà il primo pontefice che partecipa ad un vertice sul clima e negli Emirati Arabi è già stato tre anni fa ad Abu Dhabi firmando un documento storico sulla fratellanza con l'Islam sunnita. Egli ha appena pubblicato un documento sull'ambiente intitolato Laudate Deum, in cui mette in evidenza la necessità di diffondere un nuovo spirito etico, oltre al rispetto del multilateralismo. 

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«Il nostro mondo è diventato così multipolare e allo stesso tempo così complesso che è necessario un quadro diverso per una cooperazione efficace» ha sintetizzato Jeffrey Sachs, economista e saggista statunitense, presente al summit religioso in questi giorni. Sachs ha fatto notare ai leader religiosi presenti, tra cui l'italiano Imam Yaya Pallavicini, che occorre cambiare passo a livello mondiale creando «spazi di conversazione, consultazione, arbitrato, risoluzione dei conflitti e supervisione e, in definitiva, una sorta di maggiore democratizzazione nel contesto globale (..). Diciamo no alle guerre, sì alla pace e sì alla sopravvivenza del pianeta. Che il nuovo dialogo inizi proprio oggi, in questa assemblea di leader religiosi e nelle sale delle Nazioni Unite, sede di Noi Popoli e migliore speranza dell'umanità per un mondo multilaterale e un pianeta sostenibile». 

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