Donne, anziani ma anche bambini in catene. Colpevoli solo di avere una malattia mentale. La rivista dei missionari comboniani Nigrizia accende i fari su un drammatico fenomeno in Africa, spesso nascosto, dove in alcune zone lo stigma delle patologie mentali è tale da rendere esseri umani malati quasi schiavi, prigionieri, costretti in catene, al pari di bestie. «Un essere umano non dovrebbe vivere così. Un essere umano dovrebbe essere libero» hanno denunciato i religiosi in un lungo reportage proveniente dal Kenya.
«La soluzione, molte volte, è legarli, incatenarli.
L’indagine di Hrw si è svolta in 60 paesi e includeva ricerche e testimonianze da Burkina Faso, Ghana, Kenya, Liberia, Mozambico, Nigeria, Sierra Leone, Somaliland e Sud Sudan. Un pregiudizio nei confronti dei malati psichici è assai diffuso, aggravato dalla carenza di servizi medici e sociali sul territorio o strutture pubbliche sovraffollate: sono le principali motivazioni che stanno dietro questa forma di abuso.
Lo stigma della malattia mentale, la scarsità di mezzi, sono i principali motivi che stanno alla base di questa pratica disumana.
L’abuso spesso viene praticato dai familiari che non sanno come affrontare il problema, dalle stesse strutture, anche di gestione statale, da centri di “cura” tradizionali o da comunità religiose a cui spesso i parenti si rivolgono spinti dall’idea che chi manifesta problemi mentali sia posseduto da qualche spirito malvagio e debba quindi mondare la sua anima.
Incatenare la persona, fargli bere intrugli di erbe di ogni tipo, costringerlo persino a lavarsi con sangue di gallina, sono alcuni dei metodi utilizzati. Soli, legati a un palo o a un giaciglio, o con tanti altri in aree sovraffollate dove bisogna vivere fianco a fianco e fare anche i propri bisogni insieme. In queste condizioni non si può certo sperare in “guarigioni”, fisiche o mistiche che siano.