Papa Francesco e il dilemma delle opere di Rupnik, il gesuita predatore: vanno smantellate anche in Vaticano?

Papa Francesco e il dilemma delle opere di Rupnik, il gesuita predatore: vanno smantellate anche in Vaticano?
di Franca Giansoldati
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Lunedì 17 Aprile 2023, 12:18 - Ultimo aggiornamento: 21 Febbraio, 17:19

Città del Vaticano - Mentre in Francia si discute se smantellare o meno i mosaici a sfondo religioso realizzati a Lourdes da Marko Rupnik (il gesuita del Centro Aletti condannato dalla Congregazione della Fede per aver abusato di decine di suore) in Vaticano il caso resta praticamente sospeso benchè persino al di là del Tevere siano ospitati ingombranti manufatti firmati dal discusso artista. La prima opera, per importanza e per simbolica collocazione, è costituita dalla cappella Redemptoris Mater, nel palazzo apostolico, fatta costruire da Papa Wojtyla.

Ora naturalmente c'è chi si chiede se anche quella gigantesca opera mmusiva finirà per essere smantellata nel caso che la commissione francese appena costituita a Lourdes voterà per la distruzione dell'opera di Rupnik.

L'interrogativo di base, del resto, è più pesante di un macigno e non fa dormire sonni tranquilli nemmeno a Papa Francesco: un luogo spirituale e simbolico come Lourdes può essere abbellito da immagini a sfondo religioso uscite dalla mente di un prete rapace e predatore che ha approfittato reiteratamente di donne sia fisicamente che spiritualmente? Al momento in Vaticano nessuno vuole azzardare ipotesi, l'orientamento prevalente è attendista, anche il papa spera che la bufera si plachi fino a far sgonfiare il clamore su questo caso emblematico.

Il caso Rupnik è come se fosse stato congelato e al momento non è stata presa nessuna decisione definitiva nemmeno dalla Compagnia di Gesù, alla quale spetta affrontare definitivamente la questione. I gesuiti dovranno decidere se chiduere anche il Centro Aletti, l'organismo comunitario fondato da Rupnik ma la cui immagine è ormai stata macchiata e compromessa dai fatti emersi. 

In questi giorni il gesuita responsabile delle comunità di Roma, padre Johan Verschueren ha fatto sapere che tutto è ancora allo studio smentendo, tra l'altro, che Rupnik si trovasse in cura nella casa di riposo di Gallarate (gestita dai gesuiti e divenuta famosa perchè è lì che ha vissuto anche il cardinale Carlo Maria Martini nell'ultimo periodo della sua vita). Rupnik, secondo alcune fonti, si troverebbe ancora al Centro Aletti dove è ancora in funzione la scuola, il laboratorio artistico e le società che fanno capo a lui e a una funzionaria, con un bilancio di quasi due milioni di euro e una quindicina tra collaboratori e dipendenti. Il Centro Aletti in una comunicazione del 28 febbraio informava, infatti, della continuazione del lavoro artistico dell’atelier, «oggi guidato da una équipe direzionale, in grado di assumere la responsabilità per un cantiere, sia dal punto di vista teologico-liturgico e artistico-creativo, che dal punto di vista tecnico-amministrativo».

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Nel frattempo è decollata a livello internazionale la discussione se rimuovere le opere musive di Rupnik. Il comitato istituito a Lourdes - chiamato a studiare il problema - è composto da esperti di provata fama in varie discipline: psichiatri, giuristi, psicologi oltre che vittime, vescovi e preti. «Abbiamo bisogno di avviare una riflessione di fondo, cercando di integrare tutti i parametri, senza tabù. Siamo pronti a ogni decisione» – ha detto Jean-Marc Micas, vescovo di Tarbes e Lourdes. Qualcosa di simile potrebbe succedere a san Giovanni Rotondo (il santuario di padre Pio), Aparecida (il santuario in Brasile) e Fatima.  E, ovviamente, anche in Vaticano. Del resto il valore morale di un’opera a sfondo spirituale non fa forse parte del suo valore artistico?

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