Papa Francesco manda Zuppi alla Casa Bianca, domani vedrà Biden, continua la missione umanitaria

Il cardinale Matteo Maria Zuppi a Washington

Papa Francesco spedisce Zuppi alla Casa Bianca, continua la missione umanitaria vaticana per liberare i bambini ucraini
di Franca Giansoldati
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Lunedì 17 Luglio 2023, 12:41 - Ultimo aggiornamento: 19:11

Dopo Kiev e Mosca, il cardinale Matteo Maria Zuppi, accompagnato da un funzionario della Segreteria di Stato, ha rifatto le valigie stavolta diretto a Washington quale Inviato di Padre Francesco alla Casa Bianca. Domani, martedì, secondo una indiscrezione di Politico vedrà il presidente Biden. La visita annunciata stamattina si inquadra nel contesto della missione di pace in Ucraina e, «si propone di scambiare idee e opinioni sulla tragica situazione attuale e di sostenere iniziative in ambito umanitario per alleviare le sofferenze delle persone più colpite e più fragili, in modo particolare i bambini» ha spiegato il Vaticano in una nota. 

Anche questa tappa diplomatica, affidata al presidente della Conferenza episcopale nonchè membro di Sant'Egidio, la piccola Onu di Trastevere, fa parte del tenace tentativo di Bergoglio di individuare spiragli in grado di far decollare prospettive umanitarie di peso come la restituzione da parte della Russia dei quasi 20 mila bambini ucraini deportati dalle zone occupate, lo scambio di prigionieri di guerra o, ancora, arrivare ad una intesa per il trasporto del grano. 

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Il dossier più pesante e simbolico resta però quello dei bambini.

A Mosca Matteo Zuppi ne aveva parlato con Maria Lvova-Belova, direttrice responsabile per i diritti dell'infanzia (ricercata dal Tribunale Penale Internazionale) e con il funzionario diplomatico presidenziale Yuri Ushakov. Lvova-Belova, al termine dell'incontro, aveva detto che con Zuppi aveva discusso «di questioni umanitarie relative alle operazioni militari e alla protezione dei diritti dei minori». La posizione di Lvova Belova sulla questione è discussa. Il Tribunale Penale Internazionale ha spiccato un mandato di arresto nei suoi confronti con l'accusa di aver trasferito illegalmente sul territorio russo i bambini ucraini. Il provvedimento emesso sottolineava che si tratta di un crimine di guerra. Kiev avrebbe le prove documentali che i minori sono stati forzatamente deportati, ma la Russia ha sempre insistito nel dire che questi bambini sono solo qualche centinaia e sono stati trasferiti solo per salvaguardarli dalla bombe. A Mosca, il giorno dopo l'incontro al Cremlino con il rappresentante diplomatico Ushakhov, Zuppi aveva ricevuto una nuova telefonata da Ushakhov, evidentemente con un messaggio da parte del presidente Putin. Adesso spunta una nuova tappa, stavolta negli Usa, dove si decidono tanti indirizzi nella cosiddetta proxi-war, la guerra di prossimità.  

La Santa Sede ieri ha sempre spiegato che quella di Zuppi non è - tecnicamente parlando - una missione per la pace, visto che non esiste nessun piano proposto dal Vaticano, semmai è solo un tentativo di speranza, intrapreso per creare quel clima che potrebbe portare un domani ad abbassare la tensione tra le parti e far partire le prime trattative umanitarie. Zuppi è stato scelto dal Papa per questa missione per diverse sue caratteristiche personali: è un uomo straordinariamente empatico, per sua natura portato alla risoluzione delle controversie, capace di trovare in qualsiasi interlocutore un volto amico. Lo ha dimostrato come parroco a Trastevere, nelle periferie romane, come negoziatore per la pace in Mozambico, nella difficile diocesi bolognese e ora anche come nella conferenza episcopale italiana. 

Alcuni giorni fa, a cinquecento giorni di guerra in Ucraina, il Vaticano aveva preso le distanze dall'atteggiamento anti-americano di una «certa sinistra» italiana, spiegando che la linea perseguita da Papa Francesco in tutto questo tempo - andando a bussare personalmente alle porte del Cremlino, come aveva fatto già dai primi giorni del conflitto, oppure cercando strade più creative per aprire inediti spiragli di dialogo - è sempre stata ispirata alla delicata trama della pace. A difendere con forza l'azione diplomatica del pontefice è stato il suo ministro degli Esteri, monsignor Paul Gallagher presentando il volume di Limes, intitolato Lezioni Ucraine. Gallagher ha rimarcato che il Papa ha chiarito diverse volte la differenza tra aggredito e aggressore in modo difficilmente equivocabile. 

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