Meno figli e fuga dei cervelli: tra dieci anni nella Tuscia i lavoratori non basteranno. La Cisl: "Conseguenze nefaste"

Meno figli e fuga dei cervelli: tra dieci anni nella Tuscia i lavoratori non basteranno. La Cisl: "Conseguenze nefaste"
di Federica Lupino
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Sabato 20 Aprile 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 20:20

Sempre meno forza lavoro nella Tuscia. Come succede nel resto d’Italia, con la sola eccezione di Prato, anche per la provincia di Viterbo le previsioni sono pessime. Secondo la Cgia di Mestre, entro i prossimi 10 anni la platea delle persone in età lavorativa (15-64 anni) presente in Italia è destinata a diminuire di 3 milioni di unità (-8,1 per cento). Se all’inizio del 2024 questa coorte demografica includeva poco meno di 37,5 milioni di unità, nel 2034 la stessa scenderà rovinosamente, arrestandosi a poco meno di 34,5 milioni di persone. “Una situazione allarmante che dovrebbe richiamare tutti a una immediata presa di coscienza per le conseguenze che avrà”, avverte Elisa Durantini, segretaria della Cisl di Viterbo.

Prima le previsioni. Viterbo in classifica si piazza al 60esimo posto: al primo gennaio 2024 la popolazione in età lavorativa era di 193.701 unità. Tra dieci anni il crollo: alla stessa data del 2034 i cittadini attivi saranno appena 178.239, ovvero 15.462 in meno (-7,98%). A guidare la lista è Agrigento dove è previsto il calo maggiore con meno 22%, mentre a chiuderla come accennato è Prato, unico territorio che segnerà un seppur flebile incremento dello 0,75%. Nel resto del Lazio, andrà peggio a Frosinone con un meno 10,46%, a Rieti -9,68. Meno peggio di Viterbo a Roma con -6,26% e Latina 5,99.

Le ragioni di questo crollo? Per la Cgia, vanno ricercate nel progressivo invecchiamento della popolazione: con sempre meno giovani e con tanti baby boomer destinati a uscire dal mercato del lavoro per raggiunti limiti di età, molti territori subiranno un autentico ‘spopolamento’, anche di potenziali lavoratori, soprattutto nel Mezzogiorno.

Il risultato positivo di Prato e di quelle province che hanno subito le contrazioni più contenute delle altre è riconducibile al fatto che, tra le altre cose, queste realtà territoriali presentano un tasso della popolazione straniera su quella residente molto elevata, abbassando così l’età media e incidendo positivamente sulle nascite.

“Viterbo purtroppo – commenta Durantini – non è un’isola felice rispetto al resto del Paese. Oltre alla denatalità, ci sono altri fattori che purtroppo comporteranno questa diminuzione di forza lavora: i sempre più pochi giovani spesso si trasferiscono all’estero alla ricerca di migliori condizioni occupazionali e, quindi, di vita. Non esiste purtroppo una ricetta magica che possa invertire nell’immediatezza questi fenomeni. Ma di certo tutte le istituzioni a ogni livello dovrebbero riflettere tutte seriamente con interventi strutturali a lungo termine”. Anche perché le conseguenze della diminuzione delle nascite toccheranno tutti gli ambiti della vita e dell’economia. “Il sistema pensionistico già è in crisi, gli alunni nelle scuole – continua la segretaria Cisl – sempre di meno. Non possiamo più far finta di nulla”.

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