Peste suina, Viterbo tra i comuni ad ''alto rischio''. In allerta 170 allevamenti nella Tuscia

Peste suina, Viterbo tra i comuni ad ''alto rischio''. In allerta 170 allevamenti nella Tuscia
di Simone Lupino
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Martedì 21 Giugno 2022, 04:35 - Ultimo aggiornamento: 19:05

Peste suina, Viterbo è tra i 12 comuni del Lazio classificati ad “alto rischio”  da uno studio dell’Istituto zooprofilattico sperimentale del Lazio e della Toscana pubblicato nei giorni scorsi come allegato del Priu, il “Piano regionale interventi urgenti per la gestione, il controllo e l'eradicazione della peste suina africana nella specie cinghiale”. Oltre a Viterbo figurano nell’elenco i comuni di Accumoli, Amaseno, Ceprano, Contigliano, Fiumicino, Manziana, Pignataro Interamna, Pontecorvo, Roccasecca, Roma, Tarano. 

Lo studio dell’Istituto zooprofilattico si intitola “Peste suina africana: rischio introduzione e diffusione nel Lazio”.

L’obiettivo del documento, si legge nelle premesse, “è quello di fornire uno strumento di valutazione qualitativa del rischio di tipo spaziale nella regione Lazio per individuare le aree a maggior rischio per l’introduzione e la diffusione dell’infezione e conseguentemente di coordinare misure di sorveglianza ad hoc da parte della Regione”.

I parametri presi in considerazione dai ricercatori dell’Istituto zooprofilattico sono due: la presenza di suini allevati e quella di cinghiali.  Combinati insieme, questi due fattori forniscono “l’elenco e la mappa del rischio complessivo Psa (peste suina africana)”. Per quanto riguarda la prima voce, il documento spiega che Viterbo rientra tra i territori dove si concentra la maggiore numerosità di allevamenti, sia prendendo in considerazione quelli di tipo commerciale sia quelli famigliari. Un numero preciso non viene indicato. Ma in base a dati della Camera di commercio, nella Tuscia in totale si contano 170 allevamenti con 24mila capi; 52 allevamenti e 15mila capi nel solo comune capoluogo.

Per quanto riguarda il secondo parametro, invece, quello relativo alla presenza di cinghiali, il rapporto segnala per 42 comuni su sessanta della provincia di Viterbo, tra i quali anche il capoluogo, un doppio fattore di rischio legato sia alla presenza di cinghiali che alla vicinanza con un’area protetta. A tutto ciò, bisogna aggiungerne che nella Tuscia si concentra la popolazione più alta di cinghiali del Lazio: 24.435 unità, dato calcolato nel Priu sulla base degli abbattimenti registrati nell’ultima stagione venatoria nei due Atc in cui è suddivisa la provincia di Viterbo (8.145).

“E’ una situazione preoccupante, in gioco c’è la vita di tante aziende e tra queste anche aziende storiche”, commenta il presidente di Coldiretti Mauro Pacifici, che preferisce però parlare di peste dei cinghiali: “A oggi – scandisce - non abbiamo neanche un caso di suino contagiato”. Al di là delle misure di prevenzione e controllo che le aziende hanno già adottato, secondo il presidente di Coldiretti la soluzione può essere però una sola e drastica: “Aumentare l’abbattimento dei cinghiali. Bene ha fatto la Regione che con l’ultimo provvedimento ha previsto di raddoppiare i prelievi. Ma sono sicuro che non basterà. Il numero dei cinghiali presenti sul territorio è solo una stima. Potremmo capire che abbiamo contenuto veramente il problema per deduzione, quando vedremo ridurre in maniera consistente i danni prodotti dai cinghiali”.

Intanto, in città prosegue fino alla fine del mese la campagna di cattura tramite gabbie dei cinghiali “inurbati”, secondo quanto disposto dall’ordinanza emessa il primo giugno del commissario prefettizio Antonella Scolamiero. Un “provvedimento contingibile e urgente a tutela dell’igiene e della salute pubblica”, che tra i vari rischi legati al proliferare incontrollato della specie menziona quelli relativi alla diffusione della peste suina.

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